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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   le novelle.
   181
   Massinissa (parte III, n. 41) e quella assai bella eli Ciro e Pantea (parte III, n. 9). Che più? il Bandello non rifugge nemmeno dalla sacra leggenda e ci narra di virtù sovraumane e di miracoli (parte IV, n. 13 e 10).
   E pur quando s'intratnene a contare di adulteri e di altre lascivie, sempre si scorge che l'autore stesso o il narratore introdotto si mette al di sopra del fatto narrato e lo giudica con retta coscienza, non certo colla coscienza del frate o dell'asceta, ma con quella dell'uomo esperto del mondo e disposto ad accettare, in mancanza di meglio, il minor male possibile. Così, se nella novella undecima della parte seconda egli fa narrare allegramente d'una donna che sotto gli occhi del marito accoglie in casa tre innamorati, il Bandello non lascia di avvertirci che quella donna, già meretrice, avea sposato un imbecille; e ci fa agevolmente ricavare l'insegnamento che solo un imbecille s sposa donne siffatte, le quali difficilmente smettono poi le abitudini antiche. E i riscontri che si possono fare tra le novelle già narrate da altri e rinarrate da lui, ci fanno vedere apertamente eh' egli mira ad attenuare la brutalità di certe colpe, le quali nella loro crudezza non sarebbero state più comprese o tollerate da lettori del cinquecento (1).
   Non mancarono, del resto, sino d' allora i timorosi di coscienza che accusarono il Bandello, frate domenicano e poi vescovo, d'aver prima raccolte, e peggio, d'aver poi pubblicate le suo novelle. Egli rispose: « Dicono chc non sono oneste. ìì In questo io son con loro , se sanamente intenderanno questa onestà. Io non » nego che non ce ne siano alcune, che non solamente non sono oneste, ma dico n e senza dubbio confesso che sono disonestissime: perciò che, se io scrivo che n una vergine compiaccia del suo corpo a l'amante, io non posso se non dire che n il caso sia disonestissimo. Medesimamente se la moglie concede il suo corpo ad n altri che al marito, facendolo duca di Cornovaglia, chi presumerà dire ch'ella n non sia disonesta? Taccio di quelle che con fratelli, cognati, cugini et altri ìì del proprio sangue si meschiano. Nè peccano meno gli uomini de le donne; che ìì se l'uomo, lasciata la propria móglie morir di freddo sola nel letto, va adulte-ìì rando le mogli altrui, eli sarà che nomi costui onesto ? Egli sarà pur chiamato ìì adultero, e gli adulteri per la legge Giulia devono essere puniti. Et in effetto, ìì io credo che non si trovi nessuno di sana mente, che non biasimi gl'incesti, i n ladronecci, i micidiali et altri vizii. Confesso io adunque, molte de le mie no-ìì velie contener di quest1' e simili enormi e vituperosi peccati , secondo che gli ìì uomini e le donne gl commettono; ma non confesso già , ch'io meriti d' esser ìì biasimato. Biasimar pi devono e mostrar col dito infame coloro che fanno que-n sti errori, non chi gl scrive. Le novelle che da me scritte sono e che si scri-ìì veranno, sono e saranno scritte de la maniera che i narratori l'hanno raccontate. n Affermo bene, averle scritte e volerne de le altre scrivere più modestamente che n sia possibile, con paiole oneste e non sporche, nè da far arrossire chi le sente ìì o legge. Affermo anco, che non si troverà che '1 vizio si lodi, nè che i buoni n costumi e la vertù si condannino; anzi tutte le cose malfatte sono biasimato, ìì e l'opere virtuose si commendino e si lodano (2) ìì.
   Ma gli scrupolosi non si dettero per vinti; e il Bandello dovette di nuovo difenderti , dicendo non voler egli scrivere per quegli uomini perfettis-mi che vivono e pretendono di vivere secondo la pura ragione, ma per quegli altr e per quelle donne, u che essendo di carne umana, non stimano esser loro tanto disd ¦ v cevole lasciarsi alle volte vincere dalle pass mi amorose e quelle temperata-n mente, più che s può, governare (3) n.
   (1) Istruttivo ó in ispecie il raffronto tra la nov. 5 della parte IV, col fabliaus. La Dama di Vergy (Le Grand, III, 190 e segg.) dal quale deriva. Nel fabliaux francese la donna segretamente amata, e che, per il mancato segreto, perisce, è moglie altrui. Il Bandello ne fa una donna libera, anzi segretamente maritata col fido e disgraziato cavaliero : egli sentiva che solo in tal modo poteva assicurarle la simpatia intera dei lettori del cinquecento.
   (2) Parte II, nov. 11.
   (3) Parte II, n. 40 proemio. E si vegga anche parte I, n. 43, 45 e 55.