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capitolo v.
Citiamo dapprima i minori. Il Grazzini (Lasca) scriveva verso il 1536 (edite solo nel 1743) le Cene, clie, così come ci restano, contengono ventuna novelle, la più notevole delle quali ci sembra la quinta della cena seconda, che arieggia alla storia di Ugo e Parisina ed è scritta con molta efficacia; le altro narrano di beffe, per lo più crudeli e abbastanza sconclusionate ; la prima c alquanto lasciva, ma viene infine a conchiudere abbastanza saggiamente che le donno tra i sedici e i cinquanta anni, le quali sicno afflitte da male incurabile, si possono guarir tutte con un certo rimedio facile a indovinare. Sono lodatissime per le grazie della lingua. La correzione, del resto, non c pari in tutte: di due anzi l'autore stesso dichiarò che erano da racconciare o ripensare (1). K
Moralissima e commovente c la Giulietta e Romeo di Luigi da Porto , che fu stampata, non sappiamo in qual anno, ancor vivo l'autore, morto nel 1529, e ristampata a Venezia nel 1535.
Venticinque novelle moralizzanti scrisse anche il Granucci lucchese, stampato parto nel 1569 e parte nel 1574; c sci cc ne restano di Marco Cadamosto da Lodi (1543-1558). Abbastanza pulite, se non troppo piacevoli, sono pure le diciassette del Parabosco (I Diporti ; Venezia, 1548); e arcimorali, quelle di Sebastiano Erizzo, veronese, col titolo Le sei giornate (Verona 1567). Sono in numero di trentasei, e quasi tutte d. argomento storico.
Ricordiamo ancora le sci del canonico Brevio cencdcse (1545), l'ultima delle quali è il Belfegor, tradotto dal latino, come dal latino l'avea tradotto, raffazzonandolo di sua testa, il Machiavelli (2); le quindici di Ascanio Mori da Ceno (Mantova, 1595); e le dugento di Celio Malispini, tradotte in parte dalle Cent nouvelles nouvelles e in parte dalla Diana del Montemayor: composte verso il 1580, furono pubblicate solo nel 1609 a Venezia.
Ma i due autori di novelle, che danno :l saggio delle tendenze e dei costumi del secolo, sono il Bandello e il Giraldi.
Del Bandello (3) noi abbiamo ben dugento e quattordici novelle, dettate tra il 1510 e il 1560, a mano a mano ch'egli le venia raccogliendo o dalla cronaca quotidiana d'Italia e d'Europa, o dalle collezioni più antiche, o dai cronisti medievali, o dagli storici antichi. Ad ogni novella egli prepone una dedica , in cui riferisce il luogo, il tempo e le circostanze nelle quali l'ha sentita; e ci dà per tal gidsa preziose informazioni sui costami e sulla moralità delle principali corti d'Italia, specie dell'Italia supcriore.
E poiché egli raccoglie o finge di raccogliere i suoi racconti ora da società di donne, ora da società di uomini politici, o di uomini di guerra, o di prelati, o di gente di studio, così il Bandello può convcnientcmcnte riferire storielle anche delle più scabrose, senza chc perciò si possa dire ch'egli offenda la decenza (4). Così noi troviamo nella sua Raccolta parecchie novelle che trattano di sodomia (parte I, n. 6, e 40) e perfino di sodomia passiva (parte I, n. 30); i casi di corruzione, di adulterio, di stupro vi sono piuttosto frequenti e danno un' idea non bella dei frati e degli studenti di quel tempo (parte II, n. 58; parte I, n. 17; parte II, n. 11 e 54; parte III, n. 46).
Ma accanto a novelle siffatte ci troviamo pur narrata con molta compiacente larghezza la storia di Lucrezia romana (parte II, n. 21), quella di Sofonisba e di
(1) Cena prima, n. 6 e 8.
(2) Duulop-Liebrecht, p. 273.
(3) Nato presso Tortona verso il 14S0, e morto nel 1561 vescovo di Agen in Francia. L'edizione principe è del 1554 (Lucca). Noi abbiamo sotfc'occhio quella bellissima di Londra, fatta nel 1791-3 dal Bancker, in nove volumi.
(4) Cosi la nov. 40 della parte I, che tratta d'un sodomita, è messa in bocca al Machiavelli, che la conta alla tavola d'un condottiere , Giovanni de' Medici. E la XXX della stessa parte prima, che pur essa narra d'un arcidiacono sodomita passivo, si dice narrata bensì alla corte di Mantova, ma tra soli uomini, mentre Isabella e le dame s'erano ritirata.