il romanzo satirico.
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Hic quoque Sordellus Godiorum maximus astat; Z)e cujus stupidis scitur ubique prodezzis.
(C. xvin, ca. 157).
Ma questi tratti particolari, e quell'umorismo eh'è perpetuo, anello rispetto a Baldo, nella frase, non possono distruggere la serietà fondamentale della concezione merliniana; cosi come le tante capestrerìe del giovine Folengo non possono oscurare la serietà del suo carattere, r'belle ad ogni freno e soprattutto al ritegno delle superstiz oni religiose.
In quanto al Baldo considerato puramente come opera letteraria, noi dobl/amo notare ch'esso e tutt' altro che una composizione perfetta. 11 disegno scarseggia. Tutte le storie di Cingar, beffatore de' contadini, potrebbero o dovrebbero non essere nel romanzo; e così si dica pure de primi due canti d'introduzione, in cui si narra della venuta di Guido e di Baldovina a Cipada. E inutili paiono anche, per il procedimento dell'azione, i canti XIY-XVI, quando non si voglia ammettere che nei due ultimi, in cui Cingar clà un umoristico quadro dell'Olimpo e delle deità pagane, il poeta volesse accennare, quasi a riscontro della debellazione d'inferno, opera di Baldo , una distruzione del vecchio cielo. E colpevole ad ogni modo è un'aperta dissonanza nel colorire la vita di campagna sul principio del romanzo, dove Berto, ospite dei due profughi amanti, par l'ideale del villano, modesto e gentile, e più tardi dove ci dà i villani in condizione scmibescale.
Ma quest difetti di disegno sono largamente compensati, come avviene di sob'to, da pregi straordinari nella esecuzione delle singole parti. Il Folengo è forse il più grande tra i poeti realisti italiani; e il suo realismo non è secco e tecnico; esso invece è u animato da una immaginazione impressionabile e da un umorismo inestinguibile (1) n. S'è molto ammirato di recente una dcsci z.one, pi ina veramente di vita, della baruffa fra due popolane di Parigi (2); ma noi crediamo che la baruffa tra Berta e la moglie di Zambello, nel canto sesto del Baldo, abbia la stessa minuta evidenza, mentre, a differenza di quella dello Zola, è allietata dal più frizzante umorismo. Nò questa scena del Baldo è isolata. Le tengono bella compagnia la descrizione di Zambello che condotto da Tognazzo va per la prima volta a Mantova e si presenta ai magistrati; quella de' venti costretti nella caverna di Eolo; quella della battaglia tra Baldo e i suoi compagni co' demoni, ed altre parecchie.
La vena umoristica è quasi costante e scorre con un'abbondanza che ha del meraviglioso. L'umorismo v'è nei piccanti contrasti del linguaggio maccheronico; e nel continuo contrapposto di mezzi triviali a scopi altissimi, o di sforzi grandissimi per 'scopi da nulla; è infine in ispeciaL momenti dell'azione. Citiamo un esempio. Baldo, venuto alle prese co' diavoli, non avendo altre armi, afferra uno di loro, Belzebub, per una gamba e lo adopera come mazza contro gli altri. Il disgraziato va n pezzi; solo uno stinco ne resta in mano all'eroe. Figurarsi lo strazio del povero figluolo!
Belzebub offu>o viazzae jam functus un horam l'verat in centum settanta miara bocones. Inque manu Baldi tantum modo manserat unus Pes ochae, sed membra quidem sua eaetera partirti Arboribus pendent, ut milza, corada, budel %e, Partim per Baldi brazzum tridefacta minutim Aspersere nigram fattem citjusque diabli, Unde Tapinellus, sua quo desgratia menat,
(1) De Sanctis, II, 57.
(2) E. Zola, L'Assommoir.
Canei lo. 23