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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   capitolo iii.
   Per altra via tentò risolvere il problema la poesia narrativa, in ispecie nei romanzi del cielo d'Artù, sort in P>retagna ed in Armonea e di là diffusisi poi per tutta Francia ed Europa. I due romanzi più belli e a buon diritto più cele-lebrati di questo ciclo sono quelli di Lancilofto e di Tristano, innamorati cU Ginevra e di Isotta, due coppie di adulteri in permanenza. L'ideale infatti di cotesti romanzi è l'adulterio, ma a patto ch'esso avvenga fra persone che costantemente e a tutta prova s amino, in danno d'un marito che ha sposata la donna secondo il gius tradizionale che dava solo il possesso del corpo. Questi romanzi esaltavano i diritti d'amore, in onta a quelli del matrimonio, del matrimonio (_s> badi bene) qual era allora: essi idealizzano l'amore tra persone che si convengono, ch'è relaziono consentanea a natura, e negano il valore del matrimonio, ch'era ormai diventato una violenza contro natura, un gius positivo barbarico a cui mancava ogni ragion naturale, un jus l'njvstum. Essi demoliscono il vecchio edifizio sociale, la Vecchia e corrotta costituzione della vita famigliare.
   Più tardi, quando già l'ideale della lirica trobadorica cominciava a mostrars. insufficiente, e quello dei romanzi del ciclo d' Artù troppo radicale e sfacciato, ne sorse un terzo, che metteva sulla vera via del meglio, e che veniva suggerito da alcuni romanzi composti dietro reminiscenze di racconti bassolatini o basso-grcci. Sulla fine del secolo XII e sul principio del XIII cominciarono ad aver favore le storie Partenopeai de Blois (ricalco del mito di Amore e Psiche) e più quelle di Flos e Blanchejius, a cui presto fi aggiunsero Ugone cli Bordeaux e il Jaufré provenzale: in tutti i quali racconti s Idealizzano i tentativi e gb sforzi di due giovan' persone libere, che si convengono e si amano, e riescono alfine a far sancire legalmente quello che era il loro diritto naturale; vi si idealizza, insomma, la sana ricostituzione della famiglia.
   Ma in Francia quest'ordine di romanzi non ebbe mai la supremazia sui romanzi ad altra tendenza; ed ossi restarono poi sempre allo stato di embrione, di primi tentativi di rappresentazione. In Portogallo e in Spagna si fece un passo più innanzi. In Portogallo Vasco de Lobeira verso il 1300 (1), adoperando il materiale dei racconti del ciclo d'Artù, c componendoli intorno all'idea dei romanzi di origine classica, or ora accennati , scrisse un Amadis, elio andò perduto ; e due secoli dopo, lo spagnuolo Ordonez de Montalvo , a che traducesse il romanzo portoghese, sia che attingesse a più antichi rifacimenti già spagnuoli (2), compose il celebrato Amadis de Gaula, che fu stampato solo nel 1519; ed è il romanzo in cui 1' ideale della rioosl tuzione naturale della famiglia campeggia da capo a fondo, daccanto al solito ideale di tutti i romanz, medievali : che l'amor della donna faccia prodi.
   E l'Italia, che già col Boccaccio avea tentato d dare poetica forma b Ila favola di Flos e Blanchcflos nel Filocopo, e fra tutti i romanzi del ciclo d' Artù avea preferito, come vedremo più innanzi, il più murale, il Girone, ben presto si appropriò anche VAmadis spagnuolo, del quale s' ebbe tra noi una versione in prosa fin dal 1546 ; mentre già nel 1540 Bernardo Tasso lavorava al suo poetico rifacimento che use va alfine nel 1500.
   Mentre 1' Ariosto aveva dato una merav gliosa rappresentatone dell' ideale prevalente della vita privata nella storia di Ruggero e Bradamante, che, intrecciata al poema della guerra di Carlo contro i Saracin , mirava quas a presentare un quadro completo della vita umana pubblica e privata ; Bernardo Tasso, dietro le traccie del romanziere spagnuolo, pur cantando anche lunghe guerre e battaglie, mirò a dare precipuamente un gran quadro della vita piivata e ad esaltare il vero e perfetto amore.
   Noi non ? .narreremo la favola à<ì\YAmadigi, favola che si distende, s ntrec-cia e s svolge per ben cento lunghissim canti; tanto più che il merito, non
   (!) Vedi T. Braga, nella Riv. di filol. rom., I, 181 seg.
   (2) Vedi Lemke, nella Zeitschrift fiir rom. .Philol., I, 131 e segg.