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capitolo v.
Tu primo i gran supphcii d'Acheronte Ponesti sotto i ben fondati piedi, Scacciando l'ignoranza de' mortali.
(v. G73-704).
Lodi straordinarie furono dato in antico e in moderno alla Siphilis del Fra-castoro, lodi clie non vorremmo già condannare, pur desiderandole temperate d'alquanto.
L'elegante composi/,ione del poeta e medico veronese è d. sa in tre libri nel primo de' quali si discorre delle origini e dei progressi del male, e se ne dà una viva pittura in un giovane, di nobile famiglia e dedito agli esercizi signorili:
Illuni omnes Ollique Deae, Eridanique puellae Optarunt, nemorumque Dcae, rurisque puellae,• Omnes optatos suspiravere hymenaeos.
(lib. I).
Ma forse, chi sa ? forse appunto perchè vanamente egL s fece des'derare dalle belle ebe aspiravano a farlo suo con regolare imeneo, egl fu assalito dal terribile malore :
Forsan et ultore s superos neglecta vocavit
Non nequicquam aliqua, et votis pia numina movit.
(ib.)
Così, per una puma volta, nel poemetto del Fracastoro (che pur dà la ì,ifil de come morbo epidemico e non contagioso) la natura vendica sè stessa.
Nel secondo e nel terzo libro si indicano i vari tentativ: per vincere il nuovo morbo; e si accenna sulla fine del secondo, con episodio abbastanza graz )so, alla scoperta della virtù salutare dell'argento vivo, scoperta dovuta all'oriente; mentre nel libro terzo s: discorre della scoperta e dell'uso del legno santo, j.u efficace rimedio contro la sifilide. L'autore ne prende occasione ad accennare alla glande scoperta dell'America; e finge che gli Spagnuoli, approdat' ad Opliyra, frammento dell'antica Atlantide, vi abbiano notizia del male e de' suoi rimedi, e dell'origine dell'uno e della indica,z ane degl: altri. Siphilvs, vien loro narrato, bel g >vine custode degi. armenti regal , avea misconosciuta la sacra virtù di Apollo, dell'almo soie purificatore; e, abbandonatone il culto, adorò e fece adorare come f o dell'isola il re stesso Ale too. Ma Apollo lanciò su di lui, come avea fatto sui Greci sprezzatori del suo sacerdote Crise, le saette appestate; e Siphilvs primo e gli altri poi furono assaliti dall'ignota peste ; contro la quale solo più tardi, placatosi il Dio, la ninfa Ammorba insegnò a coltivare il legno santo.
Così vediamo anche nella conclusione del suo poemetto ii Fracastoro additarci la natura vindice di sè stessa; e ias eme riprodurre, rimaneggiata, una favola poetica con un sentimento così vivo dell ntimo suo sign icato quale non l'ebbe nessun altro nel cinquecento, e si cominciò a riavere tra noi, due secoli e mezzo dopo, col Foscolo e meglio in Germania col Goethe e con lo Schiller.
Questi preg singolari e quello smgolar osimo d'una latinità facile e concisa, non c fanno tuttai .a dimenticare che la composizione procede più di una volta col passo del trattato se mtifico (1) e che 1' unità del poemetto è puramente fit-
Toglie a sè stessa, ed a' suoi cari figli E dallo loro timida e devota Credendosi ir per questo in grembo a Dio.
(v. 761-7).
(1) Talvolt» par sentire nel poeta veronese un fisico sperimentale de' giorni nostri. Cosi egli dice
At vero, si rile fiderà observata merentur, Non ita censendum.
(lib. I).