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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo v.
   lor parte poetica al romanzo idillico, sono descrizioni della vita umana fuori dei rapporti politici e cittadini, nella quiete laboriosa dei campi e dei boschi o tra le tempeste selvagge del mare.
   Tra le epopee della natura con carattere scmireligioso eitoremo solo per memoria il Zodiacus (Basilea, 1537) di Marcello Palingenio, eh' è una descrizione capricciosa e disordinata, in dodici libri di esametri, del mondo universo, con continue divagazioni satirico-morali contro la corte romana e la corruzione delle fraterie del tempo; e i sei libri della Theopoeja di Lodovico Parisetti, edit a Venezia nel 1550, i quali insegnavano la via alle Setta giornate del mondo creato di T. Tasso.
   In quest'opera senile il Tasso, pigliando a guida il Genesi biblico, narra la storia della creazione del mondo e dell'uomo, divisa in sei giornate; nella settima si ritocca della creazione dell'uomo e delle cure che Dio s'è preso per dargli la notizia e il dominio del mondo destinatogli a dimora. La composizione si chiude con un inno del mondo tutto al suo provvido Creatore. Il poeta non si contenta di ampliare e fantasticamente colorire la narrazione bibliea: egli, che non ha imaginazione e pensiero abbastanza robusti per dominare e descrivere a suo agio tutta quella serie di prodigi e i,personaggi sovrumani dell'azione che narra, s'intrattiene invece volentieri a ragionare sulla natura delle cose e degli animali creat da Dio, c a desumerne insegnamenti per l'uomo decaduto dell'età postadainitica ; egli con gran gusto e con grande sfoggio di dottrina polemizza coi filosofi antichi e moderni e coi credenti non cristiani, che intendono il fatto del mondo e la natura di Dio in modo eterodosso. Così nel lib. vi, dopo essersi sforzato di mostrare come qualmente l'anima de' bruti deve essere, a differenza di quella degli uomini, mortale, egli aggiunge, pur esservi di quelli che non sentono
   rossore e scorno Di far che l'alma, ond'uom ragiona e sente, Sia quella stessa, onde latrando il cane Sen corse, e sibilando empio serpente ! E jingon sè medesmi in varie forme Esser mutati, e non pur servi e regi Sotto a vani sembianti e varie membra Esser già stati, ma vezzose donne, Oppttr marini pesci o piante o sterpi. E ciò scrivendo, piò, di pesce o tronco Si mostran di ragione ignudi e d'alma.
   E nello stesso libro, allorché viene a dire della creazione dell'uomo, egli mette in bocca a Dio le parole del GrcncSi :
   Facciam noi l'uom, com' è la nostra imago, Simile a noi;
   e di qui prende occasione a una lunga e noiosa diatriba contro gl Ebrei che si ostinano a non voler vedere in quella frase la prova più aperta della trinità delle persone divine.
   Il complesso della composizione, benché non inanellino qua e là dei tratti ingegnosi e felici, non regge più alla lettura ; e noi crediamo che non sia stato letto volentieri nemmeno al momento della pubblicazione.
   Nell'altra serie di epopee della natura merita il primo posto, rispetto all'ampiezza del soggetto, ma uno degli ultimi rispetto al valore poetico, il De prin-