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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iii.
   è assai mal eollegata col resto; salta fuori inaspettata, e vi troviamo Argante vittorioso, senza che ci si dica donde egli è venuto; nè pui è più chiaro come da Grioppe Ruperto d'Ansa e gl' altri crociati ritornino al campo sotto Gerusalemme. Nè motivata abbastanza è l'inazione di Riccardo sul Libano, mentre lo sdegno in lui è già spento, e finiti son pure gli ineanti amorosi. Qui si vedo aperta la fiaeea e male elaborata imitazione d'Omero.
   Si aggiungano alcune fastidiose eontraddizioni, provenienti dall'aver in parte innovato il racconto, senza modificare in corrispondenza alcune part del vcechio: contraddizioni, che non si saprebbe, del resto, se mettere a carico del poeta o dell' inettissimo editore ehe avea dinanzi l'esemplare rifatto con molteplici rimanda (1).
   Per ciò che spetta ai caratteri, la Conquistata può ancora portare il vanto sulla Liberata. Riccardo ripete coltamente il Rinaldo; ma ha maggiore serietà ed importanza. Egli non è un semplice avventuriero; a lui manda grossi rinforzi la madre Lucia: e davanti allo sdegno e alle minaecie d Goffredo, egli si difende con un'alterezza di cui Rinaldo non si sarebbe sentito capace. Anche il carattere di Goffredo s'è avvantaggiato per le sceondc cure del poeta: cgl era nella 'Liberata un perpetuo pius Aeneas, sempre buono e sempre giusto, una spoeie di Santo vivente, incapace della più piccola debolezza umana. Non così nella Conquistata, dove il suo orgoglio ambizioso si sente offeso dal vedere che la grande opera sarà compiuta da altri che da lui; e che quest'altro, desiderato dalla folla inconsulta, potrebbe torgli l'onore della eorona del nuovo regno. Anche la figura di Filaliieo, che mostra a Ruperto e al Danese la dimora di Riccardo, è resa ben più imponente chc non fosse nella Liberata quella del Veglio. E nel fare di Argante, non più un guerriero di ventura, ma il proprio figlio di Ducalto (Aladino), c nel dare a lui, anziché alla venturiera Clorinda, il eoinando supremo delle battaglie, non si rivela soltanto una più stretta imitazione d'Omero, ma un senso più vivo della verità e dell'interesse poetico.
   Fra i personaggi nuovamente introdotti merita poi speciale menzione il franco Giovanni, chc avea già preso parte alle guerre gloriose di Carlo Magno, e, prendendo ora parte anche alla erociata, mostra la continuità dell'opera del Bugli me e del gran Carlo. Egli si crede in diritto di dar consigli a tutti e di tutti rampognare, sempre rimpiangendo i bei tempi antichi. Così a Goffredo, che, in assenza di Taneredi, vorrebbe andar ineontro ad Argante, egli dice:
   Tu molto il senno e poco il ferro adopra; Ponga altri poi l'ardire e l'arme in opra.
   Così pur far solea l'invitto Carlo Ch'io già seguii contra Sansogna in guerra . . . Quel mio famoso Augusto, ond'or ti parlo Liberò questa sacra e nobil terra: Ed io qui prima (e ben di ciò m'esalto) Fui con Orlando al periglioso assalto.
   Da questo sacro e mal guardato nido Cacciammo empi ladroni un'altra volta . . . Però talor se voi rampogno e sgrido, Facciol per troppo amor di chi m'ascolta; Ch'altre o.rme, altre contese, altri perigli E i migliori di voi conobbi, o figli.
   (vili, 5-1-6).
   (1) Così tra la st. 190 e la 131 del C. VII della Conquistata pare devano essere intercalate le stanze 112-3 del C. VI della Liberata, poiché solo a questo modo il senso é compiuto. E nel C. XVII, st. Gl della Conquistata è detto che la fortuna giovò a Vafrino a meglio scoprire la congiura contro Gotfredoj come già si diceva nella st. 76 del C. XIX della Liberata; ma poi nella Conquistata,siccome manca in questo luogo Erminia, mancano anche le sue rivelazioni. E si vegga, per ciò che spetta al testo, qui più innanzi, a p. 151-2.