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capitolo iii.
0. VII. Mentre il vceeliio e saggio Duealto inclinava a contenersi scmplicc-mcntc alla difesa, aspettando i soccorsi di Solimano c d'Egitto, l'impetuoso Argante non sa stare alle mosse ed esce a sfidare i Cristiani. Tancredi è destinato da Goffredo a tenergli fronte; e mentre il duello si appresta, il vecchio Duealto dalle mura si fa divisare da Nicca (Erminia) i baroni d'Occidente. La notte interrompe la lotta; c Nicca, chc ha visto ferito l'antico suo protettore Tancredi, veste le armi di Clorinda, c col favor delle tenebre esce della città. Ma i Cristiani la scoprono c l'inscguono. Invano Tancrcd , chc la erede Clorinda, accorre in soccorso Wi lei (1).
C. Vili. Chè anzi egli stesse si smarrisce nei labirinti del bosco c da un falso messaggiero s lascia trarre nel castello di Armida. Manca così ai Cristiani il loro campione contro Argante, che cscc a rinnovare la sfida. Raimondo, assistito da un angelo, rintuzza l'orgoglio del Saracino ; ma poi è ferito a tradimento di freccia da Gradino, cui la perfidia era stata consigliata da un demone sotto le forine di Clorinda.
Nella battaglia generale che allora si mescola, i Cristiani hanno dapprima la meglio; ma poi combattuti da una procella destata dall'inferno, e dal valore di Argante c di Clorinda, sono costrett. a rifuggirsi dentro il vallo (2).
C. IX. E come se ciò non bastasse, ceco giungere il messo che annuncia la disfatta di Sveno, e dell' oste immensa non reca se non la spada del duce, destinata al più prode fra i crociati sotto Gerusalemme; ecco che alcuni scorridori portano al campo le armi insanguinate di Riccardo, clic hanno trovate sulla riva d'un fiume; ecco chc in ispccic gl'impetuosi Italiani, istigati da Argillano, vengono tumultuando; ed è necessaria tutta la grande autorità di Goffredo per ridimi al dovere (3).
C. X. E in questo frangente, un demone consiglia a Solimano di combinare con Duealto un assalto notturno degli accampamenti de' Cristiani, i quali sulle prime s trovano in pericolo d'estrema rovina. Ma Itldicl questa volta li salva, mandando Michele a cacciare i demoni, e ajutando Goffredo c Guelfo a rannodare i paurosi fuggenti In breve d'ora quell'accozzaglia degli Arabi predoni è dispersa; anche i difensori di Gerusalemme si ritirano. E
Mentre la morte fa preda e rapina Dello stuol, che più assalto or non sostiene, E sparsa e scema al precipizio inchina La fortuna de' Barbari e la speme; Nova nube di polve ecco vicina.
{St. 97).
Sono i cinquanta d'Armida, che vengono a confermare la già ottenuta vittoria (4).
(1) Corrisponde al c. VI della Lib.', vi si aggiunge la teichoscopia (st. 34-51), trasferita quj dal c. IH della Lib.
(2) Corrisponde al c. VII della Liberata. Sono omesse le strofe elle dipingono la vita di Ermi-nia-Nicea fra i pastori, e sono sostituite da altre di natura allegorica.
(3) Corrisponde, con qualche ampliamento nel racconto dell'araldo danese, al c. Vili della Liberata.
(4) Nella Liber., c. IX, st. 91, si diceva
Mentr'ei (Goffr.) così la gente saracina Percote e lor percosse anco sostiene ; E hi nulla parte al precipizio inchina La fortuna de' Barbari e la spene ; Nova nube di polve ecco vicina . . . Cosicché il merito della vittoria era pei1 gran parte dei cinquanta reduci. Il Tasso s' è poi ostinato a voler attribuire il merito della vittoria al soccorso divino e ai residui crociati, aftinché non paresse clie ogni vittoria, anche secondaria, dovesse dipendere dall'unico Riccardo. — Questo canto risponde al X della Liberata.