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capitolo iii.
Mu se l'idea imperiale ha trovato nell'Italia superiore i suoi poetici rappresentanti, quella dell'indipendenza nazionale dovea pure incontrare il suo nella guelfa Toscana, e propriamente in quella Firenze, che del suo amore all'indipendenza avea dato così magnanime prove nell'assedio del 1529-30. Tra i Fiorentini noi vedemmo la composizione bojardesca assumere un'aria spiccatamente antim-periale per opera del Berni; e da un esule fiorentino l'Italia del cinquecento ebbe un tentativo non infelice di poema in cui si esalta l'idea dell'opposizione all'elemento germanico e del diritto all'esistenza nazionale indipendente.
Quelli che sin qui si sono occupati dell ' Avare Iride di Luigi Alamanni (1), l'hanno considerata soltanto come un abile, ma sfortunato tentativo dì tradurre in moderno l'omerica Iliade, come opera puramente letteraria. E tale appare essa, infatti, a chi non guarda più in là della superficie. Eccola, codesta superficie:
Da sei anni si guerreggia tra re Arturo di Biitannia e Clodasso re delle u terre deserte », che ora sì trova assediato nella capitale Avarco (Rourges). Arturo vuol vendicare le vecchie offese di re Clodasso, che aveva in altri tempi invaso il regno britanno; e Lancilotto, l'eroe principale di Arturo, vuol riconquistare il regno paterno di Benoic, che Clodasso avea tolto a re Bario. La guerra sino all'esordio dell'azione del poema era proceduta favorevole ad Arturo, quando a un tratto le sorti si mutarono per le discordie nate nel campo di ¦ . Il generoso Lancilotto avea rimessi in libertà, senza volerne riscatto, due tìgli di re Clodasso; e avea del pan liberato la figlia Claudiana, che, data poi dal padre a Segurano d'Irlanda, aveva assicurato alla causa di Avarco il solo cavaliere che potesse star di fronte a Lancilotto. Ciò aveva indispettito re Arturo, e più ancora il nipote di lui Gaveno (il Gauvain dei romanzi francesi) che avrebbe voluto Claudiana per sò. Le ire scoppiano, allorquando giunge in aiuto di Arturo il giovine Tristano; e molti quindi s'immaginano di poter far a meno di Lancilotto, Gaveno allora insulta Lancilotto; Arturo lascia correre l'insulto; e Lancilotto irato pensa di lasciare il campo, anzi il suolo di Gallia. La buona Viviana lo persuade di starsene invece ozioso poco lungi dagli accampamenti. L'amico Ga-lealto si ritira con lui. - Arturo, per mostrare che non ha bisogno dell'eroe, delibera di dar subito l'assalto ad Avarco, e fa la rassegna del proprio esercito. Dall'altra parte Segurano fa la rassegna delle schiere di Clodasso. S'attacca la battaglia: Clodino, primogenito del vecchio Clodasso, sfida a duello Gaveno; e si stabilisce che la loro lotta deciderà di tutta la guerra; Arturo e Clodasso giurano i patti. Dura a lungo ed ha svariati accidenti il certame, finche un arciere d'Avarco delibera di ferire Gaveno. Si riappicca allora la battaglia generale, in cui quelli di Arturo, specie per opera di Boorte, hanno il disopra, tanto più che Segurano fin' allora non avea preso parte al combattimento, e Clodino se n'era pure astenuto per tema di mancare al suo giuramento. Alla fine si muovono anch'essi; e una parte dell' esercito di Arturo, comandato dal vecchio Lago, si mette in fuga. Intanto Clodasso, al quale il sacerdote ha rivelato un pauroso oracolo y fa richiamare dal campo Segurano e Clodino, per comunicarlo a loro e per pregare in ispecie Segurano di evitare lo scontro del fatale Lancilotto. Segurano sdegna l'ammonimento e con Clodino torna alla battaglia. Sulle porte della città, Claudiana, che sente già in grembo
il subito Balzar del pondo ascoso,
gli fa i suoi addii e le sue vane raccomandazioni; e poi se ne va colle altre donne a porger suppliche e doni a Pallade, mentre i vecchi ed i giovinct1, con-
(1) L. Alamanni, nato a Firenze nel 1495, morì ad Amboise nel 1556. L'Av archi de fu pubblicata postuma noi 1570, in Firenze presso F. Giunti.