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capitolo iii.
a misura che sale, viene meglio comprendendo certi lati della civiltà antica che gli preme appropriarsi; mcgbo penetra il pensiero degli antichi filosofi, che piglia a maestri; meglio si compiace dei grandi quadri della vita che gli antichi poeti hanno disegnato, e vi scopre impensati ideali.
E quando i migliori sono arrivati a ben comprendere il pensiero d'un antico filosofo o poeta, allora nasce necessariamente in loro il desiderio di ajutare anche gli altri a quella comprensione: e bì scrivono commenti, dichiarazioni e critiche. Allorché in fine il pensiero d'un antico scrittore si trova in armonia collo aspirazioni della gran massa moderna, cosicché l'antico autore possa presentar l'interesse d'un autor nuovo; allora ingegni anche sommi s mettono o a tradurre o a imitare, Si studiano di dare anche le vest. moderne a ciò ch'è moderno nella sostanza, c di meglio avvicinar a tutti ciò che tutti sono ormai in grado di comprendere. •
Virgilio, colla sua idea imperiale, era, come vedemmo, l'autore che l'Italia del cinquecento dovea più studiare e meglio comprendere; e VEneide vii;: diana fu il solo tra gli antichi poemi che nel cinquecento abbia avuto una degna versione.
Dell'Eneide avea data una traduzione in prosa Ciampolo degli TJgurgieri, sanese, e un'altra in terza rima un anonimo (1) fino dal trecento; c Tommaso Cambiatore l'avea ritradotta in terza rima verso il 1430. Ma nel cinquecento si moltiplicò il lavoro dei dotti e dei poeti intorno al poema di Roma, e specialmente intorno ai primi sci libri, che più chiaro rivelavano lo speciale concetto virgiliano: u che si devano fuggire le desidie amorose da chi vuol compiere grandi fati, polit ìi n.
Fin dal principio del secolo, parecchi s'erano messi a tradurre in verso sciolto, che meglio d'ogni altro parea rendere il solenne ed uguale andamento dell' esametro antico, questo o quel libro dell'Eneide ; nel 1540 uscivano a Venezia i primi sei libri (2), lavoro collett i o del Sansedoni, di L. Martelli, d'Ippol to le' Medici, del Porcacchi e di altri; e nel 1556 L. Domenichi stampava a Firenze una versione compiuta, lavorando del propiio o scegliendo il meglio delle traduzioni che giravano manoscritte e di quo: a dell'edizione anteriore. Pur l'opera non parve a tutti soddisfacente; ed altri con diversa preparazione e ci itcrii si accinsero al lavoro. Già nel 1554 Girolamo Zoppio stampava a Bologna primi quattro libri tradotti in ottave; e Vincenzo Menni nel 1567, a Perugia,, i pr ni sei libri; e l'infaticabile Lodovico Dolce ì .faceva il poema virgiliano 'n ottava rima, e lo stampava a Venezia nel 1568.
Ma già fino dal 1564 Annibal Caro s'era messo alla sua celebre traduzione, che nei due anni di -s ta che g.i restarono fu condotta a compi aento, se non del tutto ripulita, e che venne poi pubblicata a Firenze nel 1581, per cura del nipote Lepido, u II Caro... ar ista vero e completo, avendo gustato e amato non solo i n versi ma tutte le art plastiche, in mezzo ai tesori dell'antich. à, e alle trion-» fali emulazion coetanee, comprese profondamente tutto il bello esterno di Vir-j> gilio e con la lingua del c mquccento lo rese a meraviglia. Nel descrittivo è » insuperabile. Varia, ma Virgilio non isdegnerebbe le variazioni. Se non che » dove è dottrina riposta, dov'è scienza appena penetrata a. dì nostri, dov'c af-H fetto tenero quas quanto l'amore che strugge le pagine del Vangelo, poteva ;> il Caro render Virgilio, il poeta che Dante prese a guida per le misericordi » giusti-io dell'inferno e istiano? Non pare. E questo difetto sent ;o da'moderni » poeti li muove a ritentare la prova. Se fossero forniti d studi e igegno pari r> al lavoro, non scancellerebbero la versione del Caro, ma ci darebbero l'altra
(1) Vedine un saggio ne\\'Antologia del Vieusseux, 1821, N.° 2.
(2) Per questa e le altre indicazioni bibliografiche, vedi la Biblioteca italiana compilata da Nic. Fr. Ilarm, Milano 1771.