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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   LA VITA DI TORQUATO TASSO. 85
   Il duca Alfonso non mancò in queste angoscie al suo poeta. Sul principio del giugno, egli si faceva leggere l'ultimo canto della Gerusalemme ; e procurava di calmare gli spiriti del poeta con carezze e con doni. Lo sa ghiotto di vin dolce e raspante, e il sette giugno gir regala u una botte di XII mastelli di v ino preziosissimo » che al poeta radolcisce tutto il palato (1); poi, affichè il troppo lavoro non lo affatichi, lo conduce alle cacce nelle valli di Comacchio u or per selve, or ìì per campagne, con invidia de gli emuli, con allegrezza de gli amici, ma non ìì mia; che vorrei poter attendere a la revisione del poema, e n'ho pochìsf imo tempo (2) ìì.
   Tornava intanto stabilmente a Ferrara la duchessa d'Urbino, Lucrezia, divisasi dal marito ; e procurava anch' essa di tener allegro il poeta, ammettendolo alla sua graziosa confidenza. « Lcggole il mio libro, e sono ogni giorno con lei ìì molte ore in secrelis. Le ho conferito il mio disegno di venir quest'ottobre a ìì Roma: non l'ha approvato, e giudica ch'io non debba partirmi da Ferrara anzi n l'edizion del libro; se non fosse solo per andar seco a Pesaro; che ogni altra ìì andata, per quant' ella m' afferma, sarebbe discara e sospetta (o) ìì. Ma tanta benevola e prudente protezione non lo lusinga, non gli basta ; che prima aveva scritto: « Il signor duca è andato fuori, ed ha lasciato me qui invitus invitum; ìì perchè così è piaciuto alla signora duchessa d'Urbino, la quale togliendo l'ac-ìì qua de la Villa, ha bisogno il giorno di trattenimento (4) ». Forse il Tasso avrebbe preferito leggere il poema ad altra bella languente, al prototipo di Sofronia, la quale è probabile aumentasse allora l proprio riserbo dinan? ai chiari ardori di Olindo.
   Tra queste amarezze, che le cure di Alfonso e di Lucrezia non riuscivano a raddolcire, la salute di Torquato si veniva sempre più logorando. « Io sono in ìì letto (egli scrive a Scipione Gonzaga) a pagare il tributo solito ed ordinario di ìì ogni anno a la mia fortuna; e questo è il terzo dì che v' son posto. Questi due ìì giorni passati sono stato in guisa travagliato da febbre e da dolori e ,da stupori ìì di testa, che ho talora dubitato di non aver a lasciare Vostra Signoria esecu-ìì trice d'un duro officio (5) ».
   E così con addosso un'incipiente malattia morale e una malattia fis oa che minaccia di farsi cronica, il Tasso continua tra disgusti grandi e piccoli la correz me della Gerusalemme, ricorrendo, come a rimedio contro i morsi e le offese o la freddezza dei cortigiani e dei principi, all'idea di andarsene, appena stampato il poema, e trovar Mecenati e città più degna di lui.
   Egl avea gli occhi su Roma e su Firenze; e all'una e all'altra città lo invitavano le lusinghe de' Medici, del cardinale Ferdinando e del granduca Francesco, ai quali lo raccomandava l'amico Scipione Gonzaga. Nel novembre pertanto, ad onta dello amorevoli ammonizioni di Lucrezia, egli, preso il pretesto del giubileo, si reca a Roma, anche per intendersi da vicino co' correttori e per isvagar un po' l'animo; ma più di tutto per accordarci col cardinal de' Medici. Fu questo il passo che, com'egli più tardi riconobbe (6), lo rovinò.
   Mai, infatti, sin allora gli era mancato un istante il favore de' suoi Princ1*! estensi, che, pur porgendo l'orecchio talvolta ai suoi detrattori, e pur non sapendo equamente apprezzare il valore di lui, sempre gli avevano usato benevola indulgenza, e ne avevano tollerato i poetici capricci. Ma ora risultò veramente ad Alti) Lettere, I, 90.
   (2) Ib., 94. (Lettera del 22 giugno).
   (3) Lettere, I, 103.
   (4) Ib.
   (5) Lettere, I, 101. Lettera che porta la data del 16 luglio, ma certo per errore, come ben ha notato il Guasti. Forse é dell'agosto.
   (6) ettere, IV, 29(5: « Il principio e la cagione de la mia infelicità fu la mia venuta a Roma l'anno santo». M;:. altrove (Lettere, IV, 166) egli trova questo principio nella stampa del Goffredo. E ave,% ragione nell'un caso e nell'altro.