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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   La VITA DI PIETRO BEMBO.
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   Gli amici e parenti di Venezia ora avrebbero taciuto. Ora s'era avverata l'antica predizione « che egli sarebbe accarezzato più dagli strani che dai propri ».
   Per qualche tempo il Bembo gustò senza nojo i vantaggi della guadagnata osizione. Viveva nel gran centro degli studii latini in mezzo a culti ed eletti amici, ammirato, invidiato da chi in altri tempi scoteva il capo sul conto di lui. L'ufficio di segretario era quello che meglio di ogni altro gli conveniva: egl: era l'uomo fatto apposta per esporre con eleganza e decoro il pensiero altrui: era specialmente l'uomo della forma.
   Ma ben presto l'amaro sì mescolò a tante dolcezze: l'uomo celebrato fci sentì rimproverare d'incapacità nell'adempimento de'propri doveri.
   Papa Leone, che coll'ajuto degli Spagnuoli e degli altri loro alleati contro la Francia era stato restituito, insieme colla famiglia, in Faenze, aderiva sempre nel suo segreto alla politica ispano-imperiale, ch'era stata pur quella di Giulio II, sebbene agii esordii del suo pontificato avesse dichiarato di volersi tener neutrale, e fosse parso j iuttosto inchinevole al re Cristianissimo. Egli> al pari di Giuuo, coonestava la sua politica, affermando suo scopo definitivo esser quello di cacciare tutti i barbari d'Italia: tra i quali pericolos ^simi erano o parevano i Francesi. Ora sulla fine del 151-i Luigi XII stava preparando una nuova spedizione per riavere il Milanese e vendicare la disfatta di Novara; e il Papa, cui premeva che il Milanese fosse piuttosto nelle deboli mani dello Sforza, metteva in opera tutto il suo ingegno, ricco di piccoli espedienti, per impedire il nuovo tentativo dei Francesi. Importava a quest'uopo distogliere i Veneziani, sempre in guerra coli'imperatore, dall'alleanza francese, e congiungeru con Spagna e cogb altri Stati italiani, inducendo l'imperatore a qualche concessione in loro favore.
   Il Bembo parve l'uomo più adatto per condurre a buon fine le trattative; e ai primi di dicembre egli era a Venezia. Veniva ad offrire patti relativamente buoni, e aveva ragioni non meno buone per farli accettare al Senato veneto. L'imperatore restiti va tutte le città, già tenute dalla repubblica, ad eccevone di Verona; e Verona stessa era più da considerarsi come data in pegno che non come definitivamente ceduta. 11 Papa si mostrava poi animato dallo spirito di concordia universale tra i principati cristiani, affine di respingere il Turco: nel qual caso i Veneziani riacquisterebbero i loro antichi possessi nel Mediterraneo; che se poi i Veneziani non volessero intendere il loro meglio, il Papa s legherebbe con Genova, Milano, l'Impero e Spagna (di che era già indizio il matrimonio che si trattava tra Lorenzo de' Medici e la figlia del -s .cere Cardona) (1); e i Vene?.ani, abbandonati da Francia, si troverebbero alla mercè dell'imperatore. Ma il Bembo, anziché venir tastando il terreno ed esporre le sue offerte e affacciare le sue min&ccie un po' per volta, riunì ogni cosa in un discorso compilato con molta arte retorica, ma pochissima arte diplomatica; lo presentò al senato, e stette attendendone l'effetto.
   E l'effetto fu nullo.
   I Veneziani si fidavano pochissimo del Papa, di cui conoscevano la mutabili „à d'umore; e pochissimo ^ fidavano pure del loro conc ;tadino (2), negoziatore per il Papa; nè^ da quegli accorti diplomati^ che erano, s'immagmavano mai che il Bembo avesse ad un tratto espresso l'ultimo penderò di Leone. Il 15 di qtlel mese egli fu invitato al senato; e s'ebbe un aperto ììfiuto.
   II Bembo s'affrettò ad informarne il pontefice, che ne fu molto malcontento, c fece intendere al suo negoziatore eh' egli avrebbe potuto offrire anche Verona. Se non chc l'altero gentiluomo credette di mancare al proprio decoro, se, dopo aver già preso licenza dal Senato, e dopo aver dichiarate solennemente una volta
   (1) Opere, ili, 402.
   (2) « Questi signori mi hanno per sospettissimo, e da me si guardano, corno se io tedesco o spa-gnol fossi ». Opere, III, 49G.
   Cankllo, 10