LA VITA DL PIET.RO BEMBO.
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che innocente il loro affetto, inchiniamo a crederlo un ultimo riflesso di quell'in-t-endintento, chc aveva affaticato prima i Provenzali, e poi il loro riassuntore, il Petrarca.
Questo intendimento pericolò certo più d'una volta di farsi amor vero, specie in quell'autunno. Il 4 ottobre, Lucrezia s'era lasciata sfuggire una preziosa confessione; e il giovine poeta ne era rimasto beato, u Non vorrei avere guadagnato » un tesoro più tosto che avere inteso quello che io jeri seppi da voi, il chc po» tevate bene, ed era debito della conformità farmi intender prima .... Non potrà a tanto la mia fiera disavventura, ehe se io averò vita, il fuoco nel quale F. F. a od il mio destino m'han posto, non abbia ad essere il più alto c più ehiaro, a ehe oggidì in cuore d'amante .. senta appreso. Alto il farà la natura del luogo, iì nel quale egli arde, chiaro la sua stessa fiamma, che ancora a tutto il mondo a ne darà testimonio (1) ».
Lucrezia mostrava ancora di dubitare della sincerità dell'affetto di lui; e consultava le suo schede, sulle quali stavano delle sentenze, volendo ricavar il vero dalla sentenza di quella che prima per caso le venisse a mano. E il Bembo le serive chc si lusingava che si dovesse avverare la sentenza spagnola di una di quelle: quien quiere amatar j?erro, sjiesso ràvia le levanta; ehe, eioè, Lucrezia volendo spegnere . furioso amore di lui, dallo stesso furore amoroso venisse presa. E Luerezia eominciava, infatti, a vacillare.
Ai 10 di quel mese, il Bembo è costretto da urgenti faccende domestiche a lasciar Ferrara; e sul momento d'andarsene, le scrive: u Io parto, o doleissima vita u mia, e pure non parto e non partirò mai. . . . » Come tutti gli innamorati egli le laseia l'anima in pegno; e: u Priegovi che non [sdegniate eorteso e dolee pre» starvi a quella parte di me che con voi si rimane, ed alle volte ragioniate di » le con la mia cara santa L. (Lucrezia?) allo eui orazioni mi raecomando. Di» cesi che ciascuno ha un buono Angelo, che per lui priega. Io priego quollo An-» gelo, che pregare per me può, ch'egli preghi F. F. di eiò ch'osso sa che a me » fa mesti ero (2) ».
Lontano da Ferrara, egli vive tutto di memorie: u lo spesso mi vo rieor-» dando, ed ho in ciò poca fatica, alquante parole dettemi parte al testimonio » della luna sul vcrono, e parte a quella finestra eh' io sempre vedrò volentieri » e similmente in quante maniere di eare imprese e adornamenti ho la mia gon-» tile donna veduta, ehe tutti con mirabile dolcezza mi si girano intorno al euore, » od accendono in me un desiderio di pregarla, ch'olla voglia fare sperienza della » qualità dell'amor mio (3) ».
Una malattia del padre lo trattenne a Venezia ,in quasi alla fine di quel mese ; e, tornato a Ferrara, dovette ripartirne per la morte del fratello Carlo, a Itti carissimo. Non potendo essere vicino a Lucrezia, e' la prega e scongiura di scriverle due righe di propria mano. Ma Luerezia non crede mai troppe le precauzioni alla corte che aveva veduto la fine di Ugo e Paiisina ; c -il Bembo si conforta di questa indiretta confessione dell'affetto di lei (4).
E le precauzioni, infatt. sì fecero più chc mai necessarie dopo il 25 gen-najo dell'anno seguente (l505) quando Luerezia divenne, per la morte del suocero, duchessa di Ferrara; e il marito, che viaggiava per sua istruzione l'Europa, dovette in fretta restituire in patria ad assumere il reggimento degli stati paterni. Crede il (iregorovius (5) che sospetti e la gelosia di Alfonso possano
(1) Lettere, IV, 229. F. F. designava Lucrezia.
(2) Lettere, IV, 228. Questa lettera è senza data; ma chj sia del 10 ottobre si arguisce dal principio della LXXXVI, p. 230. — Q nell'Angelo intercessore presso Lucrezia pare sia l'Angiola Borgia, damigella di Lucrezia, alla quale si lia qualche lettera del Bembo.
(3) Lettere, IV, 231 (Lettera del 18 ottobre 1503).
(4) Lettere, IV, 234 (Lettera datata: il mercoledì santo 1504).
(5) Lucrezia Borgia, yag\ 292