64 CAPITOLO III.
» ci mostra come il più fantastico dei poeti possa annoverarsi fra gli statisti più n positivi; essa ei dà ancora a conoscere quelle belle qualità dell'animo cj,jc i bio-n grati non seppero, e che i suoi versi non lascerebbero indovinare. Alle schifose (!) n adulazioni, agli immorali (!) concetti del poeta per piacere ai tempi e ai padroni, n si contrappongono la franchezza, la libertà, la rettitudine del Commissario. Forse n l'esperienza de' mali trattamenti ricevuti gli aveva elevato lo spirito a riconoscere n sè stesso, la propria dignità, il proprio dovere; e la lontananza dalla Corte avrà » aiutato questa felice mutazione. Comecchessia, non vi ha si splendida e sublime iì ottava dell'Orlando Furioso, la quale onori la memoria di Lodovico Ariosto, siccome n queste semplici parole, scritte da lui al Duca in una lettera dalla Garfagnana, iì e colà r ste in atto con severa cura: — Fin ch'io starò in questo ufficio non iì sono fer avervi amico alcuno, se non la Giustizia (1). »
Addì 18 novembre 1523 veniva eletto Clemente VII, dal quale il duca Alfonso s'aspettava la ripresa della politica di Giulio o di Leone; e premendogli quindi di avere a Iìonia, quale oratore, persona di autorità, fece scrivere sui primi del 1524 dal suo segretario Pistofilo, offerendo all'Ariosto quell' alto ufficio. Ma onesti se ne scusò bellamente-, asserendo di non aver più nò speranze, nò ambizioni; e che dallo sperare nei Medici lo avea dissuaso Leone. E poi non si. sentiva più l'animo di allontanarsi di troppo da Ferrara (2). Così egli rimase a Castclnovo fin verso la metà di giugno del 1525, quando fu sostituito da altro commissar > che prometteva di ridur meglio al dovere quella provincia.
L'Ariosto dovette sentii felice di tornarsene agli amici di coite, alle carezzo d'Alessandra, all'amore di tutti. Dal 1525 in poi scorsero, infatti, per lui anni di pace e di relativa agiatezza. S'occupava a correggere ed ad ampliare il poema, ripubblicato poi nel 1532; s'occupava a mettere in vers. le vecchie commedie e a farle rs) presentare nella sala teatrale^ che nel 1527, su disegni dell'Ariosto, 1 Duca avea fatto allestire.
E nel 1527 1' Ariosto metteva casa da sè, anzi se ne fabbricava una modesta, ma sua, e vi n ritirava a vivere con Virginio, il quale delle abitudini del padre in questi ultimi suoi anni ci ha lasciato dei prezios bozzetti. u Nelle cose de' giardini, egli scrive, teneva 1 modo medesimo ehe nel far di iì versi; perchè mai non lasciava cosa alcuna, che piantasse, più di tre mesi in iì un loco, e se piantava anime di persiche, o semente di alcuna sorte, andava iì tante volte a vedere se germogliavano, che finalmente rompeva il germoglio; iì e perchè avea poca cognizione d'erbe, il più delle volto presumeva, che qua» lunque erba, che nascesse vicina alla cosa seminata da esso, fosse quella; la ìì custodiva con diligenza grande, sin tanto che la cosa fosse ridotta a termini, iì che non accadeva averne dubbio; m ricordo che avendo seminato de'capperi, iì ogni giorno andava a vederli, e stava con una allegrezza grande di così bella iì nascione: finalmente trovò, che eran sambuchi (3). »
Anche per Alfonso intanto ? preparavano giorni più lieti. In causa della oscillante politica di Clemente VII egli avea dovuto barcamenarsi accortamente tra l'imperatore e la Francia. Quando nel 1526 Francesco I, uscito dalla prigionia spagnuola, si alleò col Papa e coi Veneziani (22 maggio), il duca Alfonso stette prima neutrale, poi s'accordò cogli imperiali, ottenendo 1' investitura di Modena e Reggio. Ma quando Lautree disceso con un buon eorpo di Francesi in aiuto dei collegati italiani, i duca non dubitò di entrare nella lega, pur qualificando presso l'imperatore di coatta la nuova alleanza. Andando poi alla peggio le cose' di Francia, il duca il 28 ottobre del 152y seppe di bel nuovo cattivarsi
(1) Op. c., p. 145.
(2) Satira VI,
(3) Barotti, p. 177. (cap, XV delle Memorie). Cfr, anche Baruffaldi, p, 198^0 ; e Carducci. £