LA VITA DI LODOVICO ARIOSTO.
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Anclic le brighe erano certamente cresciute; non gl'impedivano tuttavia di valicare di tanto' in tanto l'Apennino e di scendere a Ferrara a rivedere gli amici e specialmente l'Alessandra. E le poche ore d'ozio, che l'ufficio gli concedeva, egli le consacrava all'educazione di Virginio che avea condotto con se.
Sulle prime, 1' animo mite dell'Ariosto e ribellò all'idea di dover ad ogni istante essere alle prese con briganti e sunil gente; ma po_ un po' per volta ci fece l'uso, e quasi prese amore all'ufficio; e mostrò all'uopo tale energia di cui nessuno lo avrebbe creduto capace.
Per rappacificare quella provincia 1' Ariosto dòvea per primo distruggere i briganti c i loro manutcngol e impedir poi quegli scoppii improvvisi di odii tradizionali tra famiglia e famiglia, tra contrada c contrada, che di tanto n tanto insanguinavano il paese. Ai briganti egli fece tutto quel male che potè fare, eolie gride severe, coi tratti di corda e coi pochi balestrimi e le mal sicure prigioni di cui disponeva. Nè sempre il duca o la sua cancelleria gl prestavano mano forte nei bisogni maggiori ; e d'un Moro del Silico, un misto di brigante e di partigiano, sappiamo che, sfuggito dalle carceri del commissario di Garfagnana, si ricoverava al campo del duca Alfonso, dove venne assoldato (1). Molte difficoltà alla caccia de' briganti opponevano i manutengoli, tra i quali primeggiavano i preti: gli assassini tei rifugiavano nelle chiese, nei campanili, nelle canoniche; e il povero Lodovico, che era presbyter, e dovea pensare a non perdere i pochi beneficii che godeva, era costretto a scrivere al duca, che intervenisse direttamente, trovandosi egli colle mani legate (2)..
La magg >r pena gl fu data dai fatti di S. Donnino. Questo castello era diviso tra il par .to dei conti di S. Donnino e quello dei De Madalena. Poco pi ima che l'Ariosto arrivasse in Garfagnana, un tal Genesio del partito dei De Madalena aveva assassinato xl conte Giovanni di S. Donnino, e s'era poi rifuggito sul vicino territorio lucchese. Poco dopo l'arrivo del commissario, ad onta che fra le due parti fosse stata giurata una pace solenne, e comminata una grave multa a chi primo la turbasse, nuovo sangue fu versato da. De Madalena. Un Giovanni, tìglio del vecchio Piero, capo della famiglia, assassinava la vedova del conte Giovanni di S. Donnino e il tiglio Carlo; e, derubatene le case, si ritirava sulle prime su quel di Lucca; poi non s'era pericato di tornarsene tranquillo a S. Donnino. L'Ariosto avea bensi fatte bruciare, secondo l'uso, le caso del Genosio; ma non avea poi potuto o volli co fare lo stesso contro le case dei De Madalena, quantunque facesse arrestare il vecchio Piero, sospetto d'aver istigato il delitto, e al duca avesse chiesto la facoltà di procedere. Intanto il partito dei De Madalena, imbaldanzito, s'era fatto forte a S. Donnino; mentre quello dei Conti, molto malcontento dell'Ariosto, s'era ritirato e fortificato alle Verrugolc. Riuscì a questo partito d'aver nelle mani il Gcnesio, autore del primo assassinio; ma invano il commissario lo r.chiese, per farne giustizia. Il colpevole gli fu' ricusato, quasi chc non si fidassero di lui e l'accusassero dì favorire i De Madalena. L'anima onesta dell'Ariosto si ribellò; egli chiese al duca che gli facesse subito rilasciare il Genesio ; u esc n no (egli scrive), si mandi uno in mio luogo che abbia miglior stomaco di me n a patire queste ingiurie, che a me non basta la paticntia di tolerarle. » E u dove importa tanto smaccamcnto de l'honor mio, io vo gridare et farne in-« stantia et pregare et suplieare V. Ex. che pi, presto mi chiara: n Ferrara n che lasciarmi qui con vergogna (3). n L'Ariosto ebbe la domandata soddisfazione; gli fu consegnato l'assassino ed egli ne fece giustizia; e i Madalena furono costretti a sgombrare S. Doni .no e a rifuggirsi su quel di Firenze.
La condotta dell'Ariosto nel commissariato di Garfagnana strappa all'austero Campoii le seguenti parole: u La storia del governo dell'Agosto in Garfagnana
(1) Campori, p. 119.
(2) Cappelli, lettera XLI.
(3) Cappelli, p. 105; Campori, p. 128.