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CAPITOLO III.
veri s'era poi sempre occupato: si dilettava in dipinger majoliclie, e lavorava volentieri al tornio. Il suo segretario Bonaventura Pistofilo dice che egli a fu piut-» tosto maninconico e severo che lieto e giocondo... fu poco amico della frequenza... )ì ed ebbe e volse che si avesse rispetto grandissimo all'onor delle donne, di qual grado fossero, da tutti i suoi sudditi: dalle quali continentissimamente si astenne. » A Lucrezia Borgia, sposata per ragioni politiche, egli si mostrò marito affettuoso ; e dopo la morte di lei (24 giugno 1519), egli fu tutto della Laura Dianti, ferrarese, che fece dipingere dal Garofolo sotto le forme di Madonna, e che pare egli sposasse prima di morire.
Delle sue vicende politiche e guerresche abbiamo già toccato una parte ; ma altre non meno pericolose gli erano riserbate. Le guerre della lega santa terminavano nel 1516 (13 agosto) colla pace di Noyon tra Carlo I nuovo re di Spagna e Francesco I di Francia. Ma quando nel 1519 nella gara per la corona imperiale germanica riuscì vincitore lo Spagnuolo, ben presto si ridestarono le animosità: la Franeia si preparò a rivendicare i suoi diritti sul Milanese e su Napoli; e papa Leone X, eollegandosi 1' 8 maggio del 1521 col nuovo imperatore e re di Spagna, indicava la via politica che ormai era fatalmente segnata al papato. Il duca di Ferrara, che nel Papa e in Venezia scorgeva i suoi naturali nomici, fece adesione alla Francia; e in quest'anno fu di bel nuovo scomunicato, e §i vide tolte quasi tutte le sue terre. La morte di Leon X, avvenuta il 1.° dicembro di quell'anno, liberò l'Estense dal pericolo estremo; e durante la vacanza della S. Sede egli potè riacquistare Reggio e Rubiera, mentre Modena gli veniva contesa dal Guicciardini, governatore per il sacro Collegio. E fu in quest frangenti che anche all'Ariosto, al quale, oltreciò, era disputata l'eredità del cugino Rinaldo dai Frati Minori e dalla Camera ducale, venne sospeso per quattro musi l'assegno. Se non che, ristoratesi alquanto, specie per l'elezione di Adriano VI (9 gennaio 1522), le sorti del duca, ben presto s' provvide anche a quelle del poeta, sebbene in modo che non parve il più opportuno alle sue abitudini e alla sua capacità.
Tra le provincie, che per l'elezione di Adriano erano tornate alla devozi >ne degli Estensi c'era la Garfagnana. La Garfagnana (2), caduta prima sotto il dominio di Lucca per opera di Castruccio, s'era data nel 1429 al marchese Niccolò III di Ferrara. Altre terre circostanti si sottomisero agli Estensi nel 1446 e nel 1451. Ma nel 1512 le truppe di Griulio II, comandate dal duca d' Urbino, invasero la Grarfagnana, che dovettero poi sgomberare alla morte del Papa. Sottentrarono i Lucchesi, i quali tuttavia ancora nel 1513 la restituirono al duca Alfonso. Nel 1521 papa Leone persuase il cardinal Giulio di occupare quella provincia per conto dei Fiorentini; e solo la rocca delle Vcrrucole si era mantenuta fedele all'Estense. Morto Leon X, una rivolta dei Garfagnini costrinse il presidio fiorentino a sgombrare: la terra fu di bel nuovo offerta al duca Alfonso, che era allora a campo sotto Cento, e clic addì 7 febbrajo del 1522 nominò commissario Lodovico Ariosto, il quale ai 20 di quel mese, accompagnato da pochi balestrieri, si recaVa a Castelnovo per assumervi il suo ufficio.
La sua vita di commissario tra i Garfagnirn era conosciuta sin poco fa soltanto attraverso il poetico velo della Satira VI; ma le lettere di Lodovico, già note in parte al Tiraboschi, e altri preziosi documenti messi in luce dal Cappelli e dal Campori, ci permettono ora di seguitarlo passo a passo nelle sue vicende di questi tre anni (20 febbrajo 1522 — giugno 1525).
I officio, che il duca gli conferiva, era altamente onorevole e dava all'Ariosto una rendita tre volte maggiore di quella che godeva come famigliare, di corte (3).
(1) Presso il Cappelli, p. LVIIf, 92.
(2) Campori, p. 91 segg
(3) Campori, p. 111.