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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   LA VITA DI FRANCESCO GUICCIARDINI. 53
   » a biasimare la proposta elezione, quando è dimostrato che si accordava pure » con una politica savia perchè opportuna? Qui è questione di scienza pratica, » non di coscienza (1). n
   Ma se così il Guicciardini riusciva nell'intento di procurare a Firenze un governo sicuro, che, presto confermato dall'imperatore, potè facilmente resistere ai tentativi degli esuli, sopraffatti a Montemurlo (31 luglio 1537), egli tuttala era fallito nell'intento di limitare l'autorità del nuovo principe, che, protetto dal-lalto, più nOii sentiva il bisogno di accaparrarsi il consiglio e l'ajuto de'cittadini. Carico di molti odii, stanco, ma non sazio degli onori e delle faccende politiche il Guicciardini d'ora innanz visse per lo più nella sua villa d'Arcetri, dove s'occupò a rivedere la sua Storia d'Italia e a dettare quei Ricordi politici, che sono come la risultanza della sua lunghissima pratica: e dove moriva il 22 ma^io del 1540. 00
   In uno di questi Ricordi egli così riassumeva tutta la sua vita: u Credo sia uf-» ficio di buoni cittadini, quando la patria viene in mano di tiranni, corcare » d avere luogo con loro per potere persuadere il bene e detostare il male- e » certo è interesse della città che in qualunque luogo gli uomini dabbene abbino » autorità ; e ancora che gl'ignoranti e passionati di Firenze l'abbino sempre » intesa altrimenti, s'accorgerebbono quanto pestifero sarebbe il governo de'Me-n dici se non avessi intorno altri che pazzi e cattivi (2). » . For5c S1 ignoranti di Firenze pensavano, con noi, che un governo tirannico circondato solo da pazzi e cattivi, finirebbe assai presto. Ed erano probabilmente persuasi che il Guicciardini avesse per viste suo particolari di troppo favorito quel governo tirannico, che pure il Machiavelli, ma con ben altri intendimenti, aveva talvolta desiderato. Scrive infatti altrove il Guicciardini: a II grado che ho avuto » con più pontefici m'ha necessitato a amare per il particolare mio la grandezza v loro; e se non fussi questo rispetto, avrei amato Martino Lutoro quanto me » medesimo, non per liberarmi dalle leggi indotte dalla religione cristiana nel modo » eh e interpretata e intesa comunemente, ma per vedere ridurre questa caterva » di scelerati a termini debiti, cioè a restare o sanza vizii o sanza autorità (3). » « lo ho sempre desiderato naturalmente la ruina dello Stato ecclesiastico e la » fortuna ha voluto che sono stati due pontefici [Leone X e Clemente VII] tali » che sono stato sforzato desiderare e affaticarmi per la grandezza loro (4) » Eppure quest' uomo, che sul fine della sua carriera scriveva queste volgari parole, degne pai d'un impiegato qualunque, chc non d'un grande politico, nel T meutre fera in .Lipagna, avea scritto: « Dopo tanti naufragii delle cose d'I» tuba, e poi che questi principi avranno combattuto assai, pare ragionevole che » m qualcuno sia per rimanere potenza grande, il quale cercherà di battere i » minori_ e forse ridurre Italia in una Monarchia (5). » Poche righe, m cui c'è una pera igliosa intuizione di ciò che doveva avvenivo trent'anni dopo.
   Ma se badiamo al modo in cui il Guicciardini per esso si mostra profeta-se coaderiamo quel forse, quel pare, noi scopriamo anchc il segreto della sui interiorità d intelletto e di carattere di fronte al Machiavelli. E -li vede • ma n< • vede chiaro : e non ha quindi fede piena nella sua idea, e per conseguenza non conforma»! tutta la sua attività. All'incertezza con cui concepisce l'idea politica corrisponde 1 incertezza del suo carattere, che ha austerissime e fiere le apparenze,
   (1) i De Leva. op. cit., Ili, 233. — In quanto al vagheggiato matrimonio di Elisabetta con Cosimo, giova ricordare che, iando a Remigio Fiorentino, le trattative sarebbero state anteric ri alla eledone. Cfr. anche Benoist, p. 80.
   (2) Op. in., I, 105 (Ricordo CCXX).
   (3) Op. in., I, 90-7 (Ricordo XXVIII).
   (4) Op. in., I, 203 (Ricordo COCLVI).
   (5) Op. in., If, 26?.