LA VITA DI NICCOLÒ MACHIAVELLI.
39
» fedele e buono quarantatre anni, che io ho, non debbo poter mutar natura; e della fede e bontà mia ne è testimonio la povertà mia » (1).
Svanita ogni speranza di venire adoperato, il Machia veli scrive al Vettori il 10 giugno del 1514 queste strazianti parole : u Starommi adunque così tra i miei a cenci , senza trovare uomo che della mia servitù si ricordi o chc creda ch'io » possa essere buono a nulla. Ma egli è impossibile che io possa stare molto così » perchè io mi logoro; e veggo, quando Iddio non mi si mostri più favorevole, n che sarò un dì sforzato ad uscirmi di casa e pormi per ripetitore o cancelliere » d'un conestabile, quand'io non possa far altro; e ficcarmi in qualche terra deI serta ad i isegnarc a leggere ai fanciulli; e lasciare qui la mia brigata, chc » faccia conto eh o sia morto; la quale farà molto meglio senza me; perchè io le sono di spesa, sendo avvezzo a spendere e non potendo fare senza spen-» dere » (2).
Morto il 17 marzo 1516 giuliano de'Medici, troppo mite d' animo per accettare le idee del Machiavelli, gl succedeva nel governo di Firenze, Lorenzo, giovine d' animo altero e risoluto, e sul quale il Machiavelli già da tempo avea raccolte le sue speranze (3). Ancora in quell'anno Lorenzo ebbe il ducato d'Urbino, e già prima era gonfaloniere della Chiesa : papa Leone X meditava in suo favore grandi disegni. Il Machiavelli credette alfine vicino ad offettuars il suo sogno italiano; e sperò che in Lorenzo ci fosse l'an. mo, senza l'odiosità, d; Cesare Borgia.
Ma anche questa volta l'illusione durò poco. Lorenzo finiva di stravizii il 4 maggio del 1519, e il Machiavelli si diede allora più che mai alla scienza e alla speculazione. Al Principe già scritto, aggiunse in quegli anni i Decorsi sulla prima deca di T. Livio, e i Discors, sic II' arte della guerra; e per invito del cardinal Giulio, che lo provvedeva d'una pensione, si accinse a stendere le Storie fiorentine.
Lasciando da parte fino a tempi migliori le grandi cose d'Italia, egli si r. faceva vivo talvolta tra i Fiorentini e s'agitava per gl'interessi della città. Mancando ai Medici eredi legittimi, papa Leone, per invito del cardinal Giulio, aveva chiesto agi statisti fiorentini uno schema di riordinamento della repubblica. E anche il Machiavelli presentava il suo, nel quale, credendo interpretare l'intimo pensiero di Giuli », proponeva, che, lasciando l'apparenza del potere alla Casa medicea, si ristorassero tutte le antiche libertà popolari. Né noi ci sentiamo l'animo di condannare Tex-segretario della repubblica, che, dopo avere offerto il Principe a Lorenzo, offre adesso uno schema di governo repubblicano a Leone X. Chi vagheggiava il Principe era l'italiano, colla mente aperta a grandiosi ideali. Svanita la possibilità di effettuare quegl ideali italiani, rinasceva naturalmente nell'animo del Machiavelli l'ideale eh' egli avea sempre vagheggiato come fiorentino. Ed. è pii .osto da stupire come la maggior parte dei critici abbia trovato tanto a ridire sull'accostarsi del Machiavelli alla casa de' Medici, per opera della quale ci fu un momento in cu. tutte le sue aspirazioni di fiorentino e d' italiano parvero potersi contemporaneamente effettuare.
Ma una nuova ed ultima speranza doveva presto balenare dinanzi alla mente del Machiavelli.
A. mal ìcrore i Fiorentini aveano veduto nel 1523, allorquando il cardinal Giulio salì sul trono pontificio, affidato il loro governo a due giovinetti bastardi, Alessandro ed Ippolito, sotto la tutela dei cardinali Passerini, Cibo e Salviati. I patrioti repubblicani aveano sperato di veder ristorate le antiche libertà ; mentre gli altri, che intendevano la necessità d'un governo più forte e sicuro, aveano posto
(1) Marhiavel'., Opere, It, 581-4 Lettera del 10 ottobre o dicembre 1513,
(2) Machiavelli, Opere, II, 591.
(3) Machiavelli, Opera, II, 5(31 ; e cfr. Gioda, 286.