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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC. 357
   Il Mambriano è formato da una serie di racconti e di episodi, che nella prima parte del poema s'intrecciano debolmente e alla peggio colle fila di un racconto principale; e nella seconda parte di esso procedono slegati, senza relazione alcuna con quello. Il filo a cui si rannodano i racconti e gli episodi dei primi -venticinque canti del Mambriano è il seguente. — Mambriano re di Bitinia e di una parte della Samotracia, muove guerra a Rinaldo di Montalhano che gli aveva ucciso in battaglia suo zio re Mambrino. Una tempesta lo getta in un' isola, dove regnava una fata di nome Carandina, e quivi tra le sensualità obblia per qualche tempo Rinaldo. Un giorno però torna a' suoi propositi di vendetta. Carandina per mezzo d'incanti e di lusinghe trae Rinaldo di Francia e lo conduce nell'isola incantata dove lo attendeva Mambriano. Ma i favori prodigati dalla fata a Rinaldo provocano fra questi e Mambriano un duello. Mentre i due combattono, sopraggiungono alcuni Saraceni, i quali trasportano su una nave pronta a far vela il re asiano ferito a morte, e lo informano che Polindo, suo luogotenente, spargendo falsa voce della sua morte, si è impadronito del trono. Mambriano ritorna ne' suoi stati d'Asia, e Rinaldo trattiensi fra le voluttà nell'isola di Carandina.—Mambriano, vinto Polindo e tornato in possesso de'suoi stati, torna a'suoi primitivi disegni di vendetta e va con poderosa armata ad assediare Montalbano. Orlando e Astolfo si trovano nella Spagna contro re Marsilio, ma chiusi in una caverna dov'erano andati per consultare una fata di nome Fulvia. Montalbano è difeso da Bradamante e dai fratelli di Rinaldo. Carlomagno assalta il campo di Mambriano, mentre questi combatte sotto le mura (1 Montalbano. — Intanto un demonio sfuggito agli incantesimi di Carandina informa Mala-gigi del soggiorno di Rinaldo nell'isola della fata. Malagigi, travestito da mercante greco, va, e libera Rinaldo, e torna con lui al campo. Sì riprende la battaglia sotto le mura di Montalbano. I Saraceni hanno la peggio, e Mambriano di notte ritirasi sopra il suo naviglio, seco trascinando i Paladini cristiani, che aveva fatto prigionieri nella mischia. Rinaldo giura liberar costoro, e suo cugino Malagigi, per opera d'incantesimi, in cinque giorni fa allestire un'armata e in una sol notte una flotta di trecento vascelli e duecento galere. — Intanto nella Spagna una lite insorta tra i due capi dei Saraceni che custodivano l'entrata della caverna dove stavano rinchiusi Orlando e Astolfo, è cagione che questi due paladini sieno finalmente liberati. La loro improvvisa comparsa nel campo sparge tale un terrore fra i Saraceni di Spagna, che re Marsilio è costretto a por fine alla guerra e a pagare un tributo a Carlo Magno. — Rinaldo raggiunge Mambriano nell'Asia, dove in forza degl'incantesimi di Malagigi (il quale un bel giorno fa sì che una fortezza intera di Saraceni \enga trasportata su d'una montagna in mezzo all'armata nemica) i paladini cristiani sono liberati. Finalmente Mambriano, ridotto agli estremi, dopo diverse battaglie, fugge disperato in una selva e quivi s'addormenta. Rinaldo lo raggiunge, lo sveglia, e lo sfida a battaglia. I due s'azzuffano, Mambriano, ferito a morte, sta per ricevere l'ultimo colpo dal suo avversario, quand'ecco apparir Carandina ad intercedere per lui grazia della vita. Rinaldo l'accorda a patto che Mambriano pubblicamente disdica ciò ch'egli aveva pubblicamente affermato, e cioè che Rinaldo aveva ucciso re Mambrino a tradimento. Mambriano promette di far tutto questo, e nel fatto mantiene le sue promesse. Poi si sposa a Carandina, ritorna in Asia, e di lui più non si ragiona nel poema, tranne che per incidenza nell'ultima stanza. Il poema però continua, e gli altri venti canti che rimangono a compierlo son pieni di episodi, di tornei, di battaglie e d'incantesimi che non hanno alcuna relazione coi fatti antecedenti. I paladini cristiani vanno pel mondo, compiendo imprese senza scopo, finché all'ultimo si trovano tutti nuovamente raccolti intorno a Carlo Magno.
   Il modo ond'è condotto il Mambriano rivela già per sè stesso il carattere puramente fantastico di questo poema. Il Bello non ha le tendenze della cultura fiorentina del Pulci, nè l'ideale cavalleresco del Bojardo da realizzare. È spettacolo che muove a compassione veder quest'uomo cieco, povero, di carattere debole e versati-e sforzarsi a far germogliare rose e viole ai rat del sole Gonzaghesco, e mentre ode levarglisi intorno le voci del terrore sparso dall' invasione francese di