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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   354 il risorgimento.
   Rifacimento del Berni. Parleremo altrove di tal rifacimento; osserviamo intanto che, qualunque sia il carattere del nuovo poema dello scrittoi' fiorentino, la spontaneità e i caratteri nativi di quello originale del Bojardo scomparvero affatto. — Il nobii Conte di Scandiano vagheggiava un suo ideale cavalleresco. Que' tornei, quelle dame, quei cavalieri della Corte di Borso e di Ercole I gli riconducevano alla memoria le prodezze e le cortesie degli antiqui cavalieri e gli facevano dire che il mondo tornava di virtù fiorito. Forse a lui, cosi curioso delle tradizioni e delle memorie del passato, tornarono in mente i bei tempi di quell'antica e ginjosa Corte Trevigiana colle sue castellane, co'suoi cavalieri, e trovatori e cantastorie ; e qual passato egli adornò dei colori del presente. Egli vedeva intorno a se rinascere gli Orlandi, i Rinaldi, i Ruggeri, come eroi pieni d: umanità, di nobiltà, di decoro; e le Angeliche, le Fiordaspine e le Fiordalise, leggiadre donne, tenere e carezzevoli amanti, come ispiratrici insieme e come ricompense delle alte fatiche e delle eroiche imprese. Leonello, Borso, Ercole I, gli si presentavano come principi di una famiglia destinata a conservare nel mondo 1 tipi perfetti del valore, della cortesia, della leggiadria (1). Questi sentimenti e' queste illusioni gli avevana fatto trasfondere certo calore e certa vita nelle sue concezioni, e gli avevano fatto prendere sul serio un mondo per sè stesso fantastico e bizzarro. Egli aveva trovato un volgare aspro e ruvido, a dir vero, perchè non aveva risentite le modificazioni recategli in Firenze dallo spirito del Boccaccio, del Poliziano e di Lorenzo dei Medie. ; e nel servirsene vi aveva impresso i caratteri di una ispirazione individuale, certa schiettezza nativa d'impressioni, un decoro signorile animato da convuiciment' cavallereschi, con movenze un po' impacciate, certa robusta bellezza in mezzo a lamentati lombardismi e a qualche cosa che tiene ancora dell'antica ruvidezza. Tutto ciò scomparve nel Rifacimento del Berni (2). Il poeta fiorentino riprese le invenzioni del Bojardo, le ritoccò, le adornò, rappresentandole con tono burlesco, ma di poema rifatto non riuscì nemmeno quel compimento naturale cui la poesia cavalleresca accennava nel suo sviluppo.
   Già nella massa dei romanzi popolari circolava lo spirito della vita italiana, e questo spirito forniva un elemento fondamentale all'immaginazione del poeti lette rati che da cut. romanzi traevano la materia dei ioro canti. Vogliam dire che quel sentimento dell'umano e del reale, penetrato nella leggenda straniera, al suo trapassare in Italia, e quell'essere il romanzo per sè stesso nient'altro che un trastullo dell'immaginazione anche per le plebi italiane, fornivano già un indirizzo ed una base ai poeti letterati che mettevano le mani nella materia cavalleresca. Ma il romanzo popolare era legato a forme esterne e ad un contenuto divenuto convenz. oliale, mancava di quell'arte che soddisfacesse al gusto delle persone colte; e l'elemento umano vi giaceva come portato d' un' istinto inconsapevole di rè stesso. La personalità del poeta letterato, impadronendosene, ne alterò ed ampliò il contenuto, v'introdusse nuovi eroi e nuove imprese, vi applicò le sue tendenze classiche, trasfuse nelle rinnovate forme le aspirazioni delle classi colte; e il sentimento della realtà, divenuto consapevole di sè stesso, si cangiò nel riso della coltura a spese della cavalleria, dei fantasmi e dei miracoli del Medio Evo. — Verso la fine del secolo XV, due dei più colti uomini d'Italia, il Pulci ed il Bojardo, toglievano contemporaneamente a rimaneggiare la materia cavalleresca, ma con modi e intendimenti diversi. L'uno nel Morgante Maggiore, checché se ne voglia dire in contrario, parodiava il romanzo cavalleresco, e vi metteva il riso scettico e beffardo della borghesia fiorentina; l'altro nell'Orlando Innamorato proponevasi di celebrare colla serietà dell'epopea classica le gesta degli antichi cavalieri e d'incarnare così l'ideale cavalleresco delle dame e dei gentiluomini della Corte Estense. — Il mondo cavalleresco passato in dominio dei poeti letterati s'era così arricchito di nuovi elementi ed adornato, ma non per anco trasformato. Il Pulci, lungi dal trasformarlo, caricava le tinte del romanzo
   (1) Orlando Inn. II, 22.
   (2) Iianke, op. cit.