CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC. 349
bandire la Crociata contro gl'Infedeli. Tuttavia, in mezzo a così serie apprensioni, Orlando, il più gran campione della fede di Cristo, il martire di Roncisvalle santificato dalla Chiesa, perdutamente innamorato della infedele Angelica corre da Parigi al Catai sempre appresso a lei, senz'altro scopo che di possedere quella pagana bellezza. Egli fa di più: un giorno prega Dio per la sconfitta dei Cristiani, acciocché perdenti, questi abbiano bisogno di lui e gli venga così finalmente concessa Angelica (1). Gli stessi Saracini muovon guerra ai Cristiani non tanto per aggradir la legge di Macone, quanto per soddisfare a lor capricci e passioni. Gradasso vuol la spada d'Orlando e il cavallo di Rinaldo; Agramante vuol vendicar la morte di Trojano. Se talora i motivi religiosi appariscono nei Canti del Bojardo, chi ben guardi s'accorgerà ch'essi sono accessorj accolti nel poema insiem con altri dati tradizionali della leggenda, ma poi trascurati affatto e obbliati.
Una gran parte dell 'Orlando Innamorato è occupata dal maraviglioso, ma è un maraviglioso tutto esteriore, e senza scopo serio. I miracoli operati già dagli angeli e dai santi per favorire il conseguimento della finale vittoria delle armi cristiane e della fede o nell'interesse della moralità e della giustizia, vengono sostituiti dai prodigi operati dai maghi e dalle fate per trastullo dell'immaginazione. I giardini e palazzi portentosi, gl'incanti, gli strani mostri dell'isola di Falerina e di Morgana altro scopo non hanno che di sorprendere l'immaginazione colla straordinarietà degli avvenimenti (2).
In questo mondo cavalleresco del Bojardo, dove esercitano così poca forza i motivi religiosi, debolissimo apparisce anche il legame politico. Orlando e Rinaldo, i principali paladini della Corte, abbandonano Carlo Magno anche nelle circostanze più difficili e pericolose dell' Impero per correr dietro ai fantasmi delle loro passioni o spinti dallo spirito vagabondo di avventure che li domina. L'individualità umana, punto o poco frenata da principii generali, si sviluppa liberamente in ogni senso, ed è cagione di una quantità enorme e svariatissima di avventure e di fatti straordinari che ad ogni istante sorprendono l'immaginazione.
Il Bojardo sogna i tempi della cavalleria come una graziosa primavera della vita, ma sono le aspirazioni e i costumi presenti della Corte di Borso e di Ercole quelli che gliene suggeriscono l'ideale.
Così nel tempo che virtù fioria Negli antiqui Signori e Cavalieri Con noi stava allegrezza e cortesia ; E poi fuggirno per strani sentieri ; Sì che un gran tempo smarrirno la via, Nè di più ritornar fecer pensieri. Ora è il mal vento, e quel verno compito, E torna il mondo di virtù fiorito (3).
È noto qual fosse questo mondo in mezzo a cui viveva il Bojardo e che gli offriva gli elementi del suo ideale cavalleresco. In esso della cavalleria non rimanevano che le forme esteriori nei tornei, nelle giostre, nelle gentilezze della Corte. L'osservanza della fede data, la delicatezza del punto d' onore e simili altre cose del codice cavalleresco, più che vivi sentimenti dell'animo erano modi esterni di socievolezza voluti dalla coltura della mente. I romanzi che narravano le gesta degli antiqui cavalieri e signori pei cortigiani di Ercole I non erano i ricordi in forma poetica d'un'età religiosa insieme e guerriera vissuta combattendo per la propria fede, pel proprio re, per l'indipendenza e l'onore della terra natia, come i fatti del Romanzerò del Cid potevano esserlo pei cortigiani di Ferdinando il Cattolico
(1) Lib. II. C. 30.
(2) G. De Sanctis, op. cit.
(3) Lib. II, C. 1.