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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC.
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   La bionda testa in su l'erba posava.... Dormendo non pareva cosa umana, Ma ad angelo del ciel s'assomigliava.
   Malagigi, per opera d'incantesimi, addormenta i quattro giganti, poi, accostatosi alla bella dormiente, leva sopra di lei la spada, ma veggendola tanto bella in viso indugia e bada, e pensa farle oltraggio. Ma 111 virtù dell'anello che Angelica porta in dito ogni incanto è vano. La donzella e l'Argalia si svegliano, Ma'agigi è preso, spogliato del suo libretto d'incantesimi e dagli spiriti evocati da Angelica trasportato al Catai.
   Intanto dentro Parigi i cavalieri cristiani e saraceni, tutti del pari accesi d'amore per Angelica, chiedono di combattere con Argalia. Orlando vorrebb'essere il primo, ma la sorte, alla quale Carlo ha ricorso, decide che sia primo Astolfo d'In-glii/terra, poi Ferraguto, poi altri e trenta prima del sir d'Anglante. Astolfo, paladino bello, buono, cortese, valoroso anche, ma millantatore e pronto sempre a dar colore di vittoria alle frequenti sconfitte che gli toccano (1), corre al Petrone di Merlino, combatte con l'Argalia, ma toccato appena dalla lancia d'oro di costui, è balzato d'arcione e fatto prigioniero. Vien terzo alla prova il Saracino Ferraguto, valoroso cavaliere, ma brutto e terribile nell'aspetto.
   Abhencliè sia Ferraù giovinetto,
   Bruno era molto e d'orgogliosa voce; Terribile a guardarlo nell'aspetto: Oli occhi avea rossi e con tratto veloce Mai di lavarsi non ebbe diletto, Ma, polveroso, ha la faccia feroce: Il capo acuto avea quel barone Tutto ricciuto e ner come un carbone.
   Ma anche Ferraù è abbattuto da Argalia con la lancia fatale. Egli però non vuole arrendersi, e uccide i quattro giganti che lo circondano. Senza elmo, maglia, nè scudo dà mano alla spada e assalta l'Argalia, il quale si difende, dimenticandosi però della lancia dorata. Dopo molta e furibonda lotta, i due cavalieri confessano che non mette conto continuarla, perchè ognun d'essi ha l'armi fatate, però Ferraguto propone che si finisca la contesa col dare a lui l'Angelica. Questa non vuol saperne affatto del nero Saracino, chè essa vuole ad ogni modo un diondo. I due cavalieri ripigliano la battaglia; Angelica scompare, prendendo cammino verso la selva Ar-denna, Argalia la segue, e Ferraguto corre sulle traccie di costui.
   Astolfo, trovatosi libero, indossa l'armatura, si piglia la lancia incantata d'Argalia, e montato a cavallo galoppa fuor del bosco. Dopo breve cammino s'incontra in Ranaldo (Rinaldo), il quale non potendo più posare di passione andava in cerca di Ferraguto. Risaputo da Astolfo che il Saracino stava inseguendo Argalia, il sir di Montalbano corre anche lui precipitoso verso la selva Ardenna. Astolfo, tornato in Parigi, vi trova Orlando tanto acceso d'Angelica che non trovava riposo nemmeno la notte :
   (1) Signor, sappiate che Astolfo l'Inglese Non ebbe di bellezza il simigliante: Molto fu ricco, ma più fu cortese; Leggiadro nel vestire e nel sembiante: La forza sua non veggio assai palese, Chè molte fiate cadde dal ferrante. Quel solea dir, eh' egli era per sciagura, E tornava a cader senza paura.