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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   342 il risorgimento.
   non siamo in grado di risolvere il dubbio che a questo proposito sorge naturalmente, se cioè sia il Bojardo che ha seguito l'esempio del cantor popolare, o viceversa. Dei due casi incliniamo per altro a ritenere più probabile il primo. Era già da molto tempo che l'immaginazione popolare italiana andava modificando e accostando ognor più all'umano e al reale la rigida ed astratta perfezione cristiana ed eroica dei personaggi del ciclo carolingio ; l'amor terreno come motivo di cavalleresche imprese era stato già da un pezzo introdotto nei romanzi popolari. Ci erano stati gli amori di Rizieri, di Fioravante, di Ulivieri e di tant'altri eroi dei racconti carolingi; qual meraviglia se un giorno si venne a quelli di Carlo Magno e di Orlando 4 E non è diminuire il merito dell'originalità del Bojardo, dicendo che questi riprendeva e continuava il lavorìo dell'immaginazion popolare. L'originalità del Bojardo stà nell'aver egli riproso e continuato quel lavorio con una coscienza dell'umano e del reale superiore a quella del cantor popolare. Comunque però sia la cosa, il fatto è che il Bojardo fa dell'amore il motivo principale delle imprese d'Orlando e fonde le ispirazioni del ciclo d'Arturo coi fatti dei poemi carolingi. Quelle ispirazioni erano conformi alle tendenze di dame e cavalieri, che non potevano concepir l'armi disgiunte dagli amori, e a cui le avventure di Lancilotto e Ginevra, di Tristano e d'Isotta gratifica vano più amabilmente all' immaginazione che non le sole battaglie sanie tìi Carlo Magno e de' suoi Paladini. Bretagna la grande fu, dice il poeta, gloriosa Una stagion, per Varane e per Vamore; Carlo, però, tenne in Francia una gran Corte, ma,
   Perchè tenne ad amor chiuse le porte, E sol si diede alle battaglie sante, Non fu di quel valore e quella stima Che fu queir altra eh' io cantava in prima.
   Però che amore è quel che dà la gloria E che fa l'uomo degno ed onorato; Amore è quel che dona la vittoria, E dona ardire al cavaliere armato.
   Nello spirito adulto del nobìl Conte di Scandiano non entrauo quelle nature di eroi così astratte e fuorumane dei poemi francesi. Secondo lui, Orlando non può sottrarsi alle debolezze, ai bisogni, alle leggi della vita umana.
   Non vi paja, Signor, mera^ glìoso
   Udir cantar d Orlando Innamorato ; Chè qualunque nel mondo è più orgogboso È d'amor vinto e al tutto soggiogato. Nè forte braccio, nè ardir animoso, Nè scudo o maglia o brando affilato, Nè altra potenza può mai far difesa Ch'ai fin non sia d'amor battuta e presa.
   Vero è che l'Arcivescovo Turpino tenne celata la storia degli amori d'Orlando,
   Credendo forse a quel conte valente
   Esser le sue scritture dispettose,
   ma i motivi di quei riguardi'più non esistono, e tale storia si può finalmente far palese.
   Angelica, dopo aver pòrta, in nome del fratello, la sfida ai Cavalier. Cristiani e Saraceni della Corte di Carlo Magno, si ritira al Petrone di Merlino, che è il campo destinato alla lotta. Subito colà si reca Malagigi, allo scopo di sventare i rei disegni della donzella pagana. Trova l'Argalia dormente sotto un padiglione, e a lui non molto lontana Angelica pure dormente e guardata dai quattro giganti. La donzella