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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC. 311
   d'ecco in capo della sala apparire quattro fieri e grandissimi giganti, e in mezzo a loro una donzella seguita da un solo cavaliere.
   Essa sembrava mattutina stella, E giglio d'orto e rosa di verzieri. Insomma a dir di lei la veritade Non fu veduta mai tanta beltade,
   La donzella così improvvisamente apparsa nella sala chiamasi Angelica, ed è figlia di Galafrone re del Catai: il cavaliere che l'accompagna chiamasi Argalia, ed è suo fratello. Angelica s'affretta a far conoscere a Carlo d'esser venuta dall' estreme regioni del mondo per rendergli omaggio e per provare il valore di codesto suo fratello, a cui essa dà il nomo di Uberto dal Lione, contro quello ilei cavalieri cristiani e saraceni della sua Corte. Condizioni della sfida sono le seguenti: chiunque sarà abbattuto dall'arcione non farà più altra difesa, e rimarrà prigioniero; a quel cavaliere che saprà abbattere Uberto essa stessa sarà premio, e il vìnto se n'andrà co'giganti. Queste cose afferma Angelica; ma il fratello di Rinaldo, Malagigi Incantatore, col mezzo d'un suo libretto d'incanti viene a conoscere essere Angelica mandata in Francia dal vecchio re Galafrone a danno dei Cristiani, portar essa in dito un anello che guasta ogni incanto e che messo in bocca rende invisibile ; infine, avere Argalia l'armi fatate e una lancia a cui nulla può resistere.
   La repentina apparizione d'Angelica e la straordinaria bellezza della fanciulla fanno attoniti e smarriti tutti 1 convitati; ogni barone s'accende d'Angelica e anche il re Cariane. Più di tutti 11' è però acceso Orlando, il qual per lei è tratto ad una serie nuova di meravigliose imprese. Soli queste imprese che il Bojardo si propone di narrare.
   Signori e cavalier, che v'adunati Per odir cose dilettose e nove, State attenti, quieti ed ascoltat La heU'historia elle il ntno canto move. Et oderete i gesti smisurati, L'alta fatica e le mirabil prove, Che fece il Franco Orlando per amore Al tempo del re Carlo Imperatore (1).
   Come vedesi, per il Bojardo, Orlando non è più soltanto il forte, l'intrepido, il pio paladino degli antichi poemi e romanzi e anche del Morgante Maggiore. Ai motivi religiosi e cavallereschi delle sue imprese s'aggiunge qui il motivo dell'amore, motivo che soverchia tutti gli altri e diventa il centro del poema. — Gaston Paris ed altri scrittori sulle sue traccie, a questo punto osservano che il Bojardo abbandona le tradizioni dei poemi carolingi; in cin l'amore 0 non ha parte 0 ne occupa una affatto secondaria, per appigliarsi a quelle dei poemi del ciclo d'Arturo, in cui questa stessa passione è motivo predominante d'imprese cavalleresche: così il Bojardo fonde insieme la materia di Francia e quella di Bretagna. È però anzitutto da notare che il Bojardo dai poemi d'Arturo prende l'idea piuttosto che i fatti, e che l'aggiunta del motivo dell'amore ai dati dei poemi carolingi, anche riguardo ai due massimi eroi di essi, Carlo Magno e Orlando — non è un fatto così nuovo in Italia com' è sembrato a Gaston Paris. In un elenco di romanza popolari, molto in voga nel Quattrocento e da noi trascritto in altra parte del presente lavoro (2), troviamo registrati due romanzi col titolo, l'uno l'Innamoramento di Carlo, l'altro l'Innamoramento di Orlando. Noi per verità, non avendo potuto vedere i romanzi registrati in quell'elenco,
   (f) Lib. I. C. 1. St. 1.
   (2) V. sopra Cap. IV. pag. 275.