CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC. 335
1471 accompagnò a Roma il Duca Borso, quando questi recossi colà per ricevervi dal Pontefice Paolo III il titolo di Duca di Ferrara.
A quest'epoca il Bojardo godeva già da molt'anni bella fama di poeta. Il Paganelli Prignani già menzionato, lasciando, innanzi il 1458, il castello d. Scandiano dove aveva per lungo tempo dimorato presso i Bojardi, chiamava dura la suo, Musa se poteva con ocelli asciutti abbandonare il sacro plettro di Matteo e le sue dolci Camene (1). Le poesie che gli avevano procacciato tal fama erano Capitoli in terza rima sopra il Timore, la Gelosia, la Speranza, l'Amore, il Trionfo del vano mondo, Egloghe latine e volgari, ma specialmente sonetti e canzon che recavano lo ili-pronte di una nobile e graziosa individualità (2). Quest'ultimi componimenti poetici erano rime amorose dirette ad nna giovinetta reggiana di nome Antonia Caprara, e fors'anche in parte ad altro donne, come congettura il Panizzi. Non si può negare che in essi il Bojardo non paghi alcune volte anche lui un tributo alla moda di petrarcheggiare. Tuttavia molti sonetti attestano l'impressione personale delle cose, e rivelano un'aiLina ricca di sentimenti, nobile, gentile, serena, che si elfonde in forme proprie e colorite da un' immaginazione vivace e delicata. Tutto ciò non permette di confonder 1 Bojardo colla schiera dei servili imitatori del Petrarca.
Come sono vere e graziosamente espresse le impressioni del poeta dinanzi al leggiadro veroncello dell'amata assente!
Deserti i fiori, secche le viole, Al veder nostro il giorno non ha sole, La notte non ha stelle senza lei.
Pur mi rimembra che ti vidi adorno Tra bianchi marmi e'1 colorito fiore D'una fiorita candida persona.
A'tuoi balconi allor si stava Amore
Che or te soletto e misero abbandona, Perchè a quella gentil dimora intorno.
E come è vivace l'immagine di quell' angioletto che scende dal cielo ad ammirare le bellezze della sua donna (3)!
Ma l'oggetto di queste rime amorose, la bella Antonia Caprara, fu dimenticata
(1) Venturi, op. cit. prefazione alle poesie latine del Bojardo.
(2) Questi Capitoli e queste Egloghe, si trovano stampate nell'edizione del Venturi. Lo canzon, e i sonetti furono stampati in Reggio nel 1499 col titolo: Sonetti e Canzoni del Poeta Clarissimo Matteo Maria Bojardo Conte di Scandiano; poi in Venezia nel 1501 secondo che si ritrova in Ginguòntf. Nel 1820 G. B. Venturi pubblicò 54 delle liriche contenute nell'edizione originale. V. Prefaz. del Venturi, e Panizzi op. cit.
(3) Questa mattina nel venir del giorno
Il ciel s'aperse, e giù dal terzo coro Discese un spintel con l'ali d'oro, Di fiamme vive e di splendore adorno.
Non vi maravigliate s'io ritorno,
Dicea cantando, al mio caro tesoro, Chè in sè non ave un più gentil lavoro La sfera che più larga gira intorno.
Quanto abblandisce il Cielo a voi mortali, Che v'ha donato questa coéa bella Ristoro immenso a tutti i vostri mali !
Così cantando quel Spirto favella,
Battendo motti alla sua voce eguali, E tornasi gioioso alla sua stella.