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dormente sulla pelle di un leone. Ercole fé' di questa statua il soggetto di alcuni suoi epigrammi. In un d'essi dice che Cupido era stato così petrifìcato dagli occhi della Duchessa; e appresso in un altro aggiunge:
Farcite sopiti tractare Cupidinis arma; Borgia custodii, proque jacente ferii.
Una volta Lucrezia gli offre una rosa, e subito il poeta canta:
Laeto nata solo, dextro, rosa, pollice carata, Unde tibi solito pulchrior, unde color ?
Numi te iterum tinxit Venus? an potius Ubi tantum Borgia purpureo praebuit ore decus ì
La poetica relazione fra Lucrezia Borgia e il giovane poeta fu troncata dalla tragica fine di quest'ultimo. Ercole Strozzi aveva sposato Barbara Torelli, giovine dama vedova di Ercole Bentivoglìo corteggiata da altri gentiluomini e probabilmente anche dallo stesso Duca Alfonso. Erano corsi pochi giorni dal matrimonio quando una notte (6 giugno 1508) Ercole cadeva sotto il pugnale degli assassini orribilmente trafìtto da ventidue ferite. Il delitto rimase avvolto di profondo mistero. Vi fu chi 1' attribuì al Duca Alfonso, ne mancò chi lo volle ordinato da Lucrezia Borgia. Ma recentemente il Gregorovius ha sgravato di questo delitto la memoria di Lucrezia (1).
Dei molti^ verseggiatori latini contemporanei ai due Strozzi, oltre Lodovico Carbone, le cui odi latine in lode di Ercole I venivano cantate in musica, Battista Guarino e Luca Ripa, si può ancora far menzione di Antonio Tibaldeo e di Matteo Bojardo, del quale ultimo più alta sonò la fama in grazia delle sue poesie volgari. Le poesie latine degli altri non sorvissero ai loro autori (2). — Intanto fra erudizione classica e versi latini crescevano uomini che dovevano esercitare molta
(1) Gregorovius, Lucrezia Borgia secondo i documenti e i carteggi del tempo: traduzione di Raffaele Mariano. Firenze, successori Le Monnier 1874. — V. anche: Borsetti op. cit. — Mazzuchelli, Scrittori Italiani, tom. II, part. Ili; — Giovio, Elogi.
(2) Per la loro parentela col gran Lodovico ci sia soltanto permesso far cenno di due Ariosti poeti ed eruditi latinisti, vissuti intorno al tempo in cui siamo col nostro racconto. Riferiamo queste notizie quali le abbiamo raccolte dal libro del Sig. G. Carducci intitolato: Belle poesie latine edite ed inedite di Lodovico Ariosto (Bologna, Nicolò Zanichelli 1875). Uno di questi poeti era Francesco Ariosti che si aggiunse il titolo di Peregrino. Fu dottore in legge e di poi podestà in diversi luoghi del Dominio estense. Una sua rappresentazione latina intitolata Isis, che sotto il velo mitologico adombrava le condizioni e i propositi d'una fanciulla che si rende monaca, in un atto, di versi parte eroici, parte elogiaci, con cinque interlocutori, fu rappresentata al cospetto di Leonello, é furono tra gli attori i fratelli e le sorelle di lui. Insegnò Filosofia e Ragion Civile nello Studio Ferrarese. Si piacque di ricerche naturali, e primo recò alla luce del mondo scientifico il petrolio, descrivendo le qualità e le virtù medicinali dell'odo di sasso, che scaturisce alle falde del monte Zibio presso Sassolo nel Modenese con un trattateli indicizzato nel 1462 al Duca Borso. Scrisse un sermone latino sulla Purificazione della Vergine e un Dialogo italiano della Provvidenza ed epistole e versi latini assai rozzi ed intricati. — Suo nipote Malatesta Ariosti, Cancelliere del Comune dal 1453 al 1467, mise in versi elegiaci il compianto di una fanciulla indotta dall'amante a lasciar la casa paterna, e poi straziata da lui e trucidata. « Non so, soggiunge qui il Carducci, se a concorrenza di Battista Guarino che trattò anch'egli lo stesso argomento in elegia da me non veduta, e non so se ambedue imitassero una poesia volgare o fossero in quella poesia imitati, o se le due elegie sono tutt'una e d'uno stesso autore ».