CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC.
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Chi vedoe spoglia e i suoi pupilli in fasce, E chi di povri corre alla ruina. Quell'anima è gentile e peregrina, Che per fraude e per forza più acquista; Chi sprezza il ciel con Cristo, E sempre pensa altrui cacciare al fondo (1).
Ma queste rimasero in Ferrara voci isolate e non avvertite. Il Savonarola abbandono poco dopo, e per sempre, la sua città natale, ed esercitò altrove l'apostolato cui destinavanlo le sorti. Le splendidezze e le feste della Corte continuarono, e in mezzo ad esse s'ispirò il genio delia nuova letteratura.
Anche in Ferrara il rinnovamento della lingua e letteratura italiana era stato preceduto, ed era tuttora accompagnato, dalla rinascenza degli studi classici. Guarino il vecchio, sostenuto con ogni maniera di liberalità dal marchese Lionello, suo alunno, aveva raccolto antichi codici, tradotto alcuni scrittori greci, commentato moltissiir' latini e insegnato le lingue classiche ad un numero grandissimo di alunni. In breve tempo gli studi classici avevano fatto moltissimi progressi in Ferrara.
Noi, per verità, non troviamo che insieme a tali studi si manifestasse un movimento d'idee così vivo e così largo, benché sotto la scorta e nella forma degli antichi, come quello dell' Accademia Platonica di Firenze, dell'Accademia Pontaniana di Napoli o di Pomponio Leto e del Platina in Roma. In Ferrara, all'epoca di Lionello e anche di Borso e di Ercole I, la critica limitavasi all'analisi della parola e delle formo esteriori dei classici. Dall'erudizione non sorgeva per anco la luce della filosofia, nè si trasfondeva un nuovo spirito nelle teoriche dominanti nelle scuole. Infatti nell'insegnamento dato nello Studio ferrarese signoreggiavano ancora le teorie filosofiche del Medio Evo. Nel riordinare questo insegnamento si procedeva con infiniti riguardi verso le dottrine tradizionali, sempre docili e ossequenti all'autorità religiosa. Quando tra il tempo di Borso e di Ercole I si riformarono gli antichi Statuti dello Studio ferrarese, nella classe di Filosofia si prescrisse la lettura dell' intero libro De Anima di Aristotile, eccetto gli errori del primo libro (2). — In pari tempo l'Astronomia, la Fisica e la Medicina camminavano sull'orme dell'Aristotile e del Tolomeo trasformati dalle speculazioni arabe, e prendevano come testo i libri di Avicenna e di altri scrittori arabi. Uomini di bella fama scientifica avevano bensì professato e professavano ancora nello Studio ferrarese con utile della scienza. Fra molti noteremo il bolognese Giovanni Bianchini e Domenico Maria Novara, lodati dal Montucla (3) per le vere e solide lor cognizioni e pei loro lavori in Astronomia. Ma anch'essi ubbidivano poi allo spirito dominante, e smarrivansi dietro le predilette speculazioni astrologiche. Tra i professori dello Studio ferrarese nella seconda metà del secolo quindicesimo, quegli che portò le dottrine degli antichi nel movimento scientifico dei tempi suoi e modificò l'indirizzo degli studi fu Nicolò Leoniceno da Vicenza (14281524) per ben sessant'anni professore di medicina in Ferrara. Il Leoniceno, dottissimo di greco, elegante latinista, traduttore dei Dialoghi di Luciano, della Storia di Dione Cassio, della Guerra Gotica di Procopio (ms) e, per la prima volta, anche di Galeno, principe dei medici e dei filosofi de'tempi suoi, come lo chiamava Aldo Manuzio, si levò contro Avicenna e contro i medici arabeggianti', mostrò a' suoi alunni di quante e quali nebbie fossero avvolte le teorie mediche in allora domici) Villari, Stor. di Oirol. Savonarola, lib. I, cap. I.
(2) Chi volesse conoscere quali fossero, a quest'epoca, le materie dell' insegnamento universitario e 1' ordinamento delle lezioni, legga in Borsetti Hist. Almi Ferrariae Gy-mnasii etc., e confronti Notizie storiche sulla Università degli Studi in Ferrara, pubblicate nel 1873.
(3) Hist. des Matématiques.
Invernizzi. Il Risorgimento. 42