328 IL RISORGIMENTO.
greci e latini, risuscitando la cultura pagana; il popolo, abbandonato alla sua superstiziosa ignoranza, si pasceva delie feste che vedeva succedere senza posa 1' una all'altra. Le carneficine e i terrori della successione., la guerra con Venezia, la fame, la peste, avvenimenti che funestarono il dominio d'Ercole I, non furono ch*, interruzioni della gioja spensierata della vita ferrarese. Cessato il»pericolo, il popolo e la corte tornarono alle loro feste, gli eruditi ai loro libri antichi, i poeti agli allegri lor canti rimasti per un istante interotti.
Così, da po che l'infernal tempesta Della guerra spietata è dipartita fi), Pcich'è tornato il mondo in gioia e in festa, E questa Corte più che mai fiorita. Farò con più bel canto manifesta La bella istoria ch'ho gran tempo ordita (2).
Più tardi un'altra ed irreparabile sventura piombava sull'Italia. Nel settembre del 1494, Carlo Vili, alla testa della feudalità francese valicava le Alpi, giungeva ad Asti, e in pochissimo tempo conquistava l'Italia col gesso, come dice Macchia-velli Era l'ultima ora della libertà e dell'indipendenza italiana. La via delle invasioni era aperta. Il papa, i principi, il popolo italiano ne rimasero profondamente scossi, ma, quasi sopraffatti, non si mossero. Nella Puglia, l'immaginazione popolare vide di notte tempo tre soli in mezzo al cielo, nella Corte di Napoli si disse comparsa l'ombra dell' estinto re , dichiarando per sempre decise le sorti della casa d'Aragona; per molti giorni i popolani d'Arezzo videro piena l'aria d'uomini armati , cavalcando grossi cavalli con istrepito orribile di trombe e di tamburr — D'un tratto cessarono i tripudi e le feste delle corti italiane e anche della corte di Ferrara. Il Bcjardo poneva fine al suo Orlando Innamorato colla stanza che abbiamo altrove citata (3).
Fra i gentiluomini e i popolani che assistevano alle feste del Duca Borso e di Ercole c' era però un giovane , a cui gli abbaglianti splendori degli spettacoli ferraresi empievano l'anima di tristissimi presagì. Era Girolamo Savonarola, colu: che doveva, poco dopo, sorgere a lottare apertamente col Risorgimento italiano. Ai temili d5 cui discorriamo, egli era poco più che ventenne, magro e pallilo nell'aspetto , viveva solitario, digiunava, studiava la Bibbia e San Tomaso, scr veva versi ed esalava la mestizia dell'anima sua col suono del liuto. Pregava per lunghe ore nelle chiese, e sovente gli uscivano di bocca le parole: Ileu fugo crudele¦ ierras, fuge litus avarimi !
Lo spettacolo che gli si parava dinnanzi agli occhi gli ripugnava. Una volta i suoi genieri Io 'condussero nel palazzo ducale, ma egli, d'allora in poi, non volle più ri ¦ mettervi piede, Nell'anno 1472, in una canzone De ruina mundi descrveva Io sfato del suo animo, la tristezza e lo sconforto de' suoi pensieri.
Vedendo sotto sopra tutto il mondo
Ed esser spenta al fondo Ogni virtude ed ogni bel costume,
Non trovo un vivo lume, Nè pur chi de' suoi vizi sì vergogni
Felice ornai chi vive di rapina, E che dell'altrui sangue pur ei pasce;
(1) La guerra di Venezia.
(2) Bojardo, L'Orlando Innamorato, lib. III.
(3) Cap. IV. § 1. pag. 196.