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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUINTO. — LA NUOVA LETTERA! IRA, ECC. 327
   di Yio dell'Ordine dei Predicatori, teologo tomista che nel secolo XVI tenne aito l'insegnamento di S. Tommaso, sostenne molte tesi contro Gio. Pico della Mirandola (1).
   La parte però della coltura che fiori di più tra la vita di feste e d' allegrie continue della Corte Estense fu la poesia e specialmente la poesia cavalleresca e la drammatica. Qui la munificenza d' Ercole non trovò più limite, e congiunta a quell'amore dei racconti romanzeschi, della pompa e degli spettacoli, ch'era vivissimo nelT animo di tutti, efficacemente promosse il rinascere del teatro classi io e d fiorire della poesia cavalleresca. — Le plebi cittadine ferraresi, al pari delle plebi di tutte l'alte città italiane assistevano ancora sulle puobliche piazze alle Sacre Rappresentazioni. Nel giugno del 1476 veniva in Ferrara pubblicamente rappresentata la leggenda di S. Giacomo , che fu cosa, devotissima, dice il cronista citato dal Frizzi (2). I culti cortigiani d'Ercole, però, più che delle Sacre Rappresentazioni si deliziavano delle scene dell'antico teatro latino, o di altre di argomento profano espressamente scritte per loro da dotti letterati, e così la Commedia classica fu a poco a poco sostituita alla Sacra Rappresentazione. — Ai 25 di gennaio dei 1486, su una scena di legno e tele dipinte in forma d città si rappresentarono i Mrnecmi di Plauto voltati in italiano, con una spesa di mille ducati, con grande concorso di forestieri e con meraviglia e fama sparsa per tutta l'Italia. Il Duca, dice il Frizzi, seguitò poi spesso a dare simili spettacoli, con grandissima spesa, facendo tradurre le commedie di Plauto e di Terenzio ed anche comporne delle nuove da insigni letterati della sua corte, quali come furono Pandolfo Collenuccio, Girolamo Berardo, Battista Gnarini, Niccolò da Correggio e Lodovico Ariosto. Poiché è a notare che quest'ultimo sin da fanciullo si provò a comnorre, e, insieme co' piccoli fratelli e sorelle, a recitar commedie nella casa patema. Prima del 1498 egli aveva g;à scritto, almeno in parte, la Cassaria. Nel 1487 in un teatro eretto nel cortile della Corte si rappresentò la favola di Cefalo, interotla da soni diversi, istrumenti, intermedii ali arti, esemplo de le donne che non sieno zeloxe de li loro mariti (3). Il Tiraboschi afferma che questa favola fu lavoro di Niccolò da Correggio. Ogni celebrazione di nozze, ogni arrivo di principe forniva ad Ercole l'occasione d'una rappresentazione teatrale. Nel 1491 per le nozze di Alfonso, suo figlio, con Anna, figlia di Galeazzo Duca di Milano, si rappresentò YAndria', per le nozze dì Giovanni Bentivoglio, Signore di Bologna, con Lucrezia, figlia naturale del Duca, si rappresentò VAnfitrione. Più altre rappresentazioni registra il Diario Ferrarese dal 1486 al 1495; a noi basti 1' averne ricordate alcune a provare come 1 teatro classico invadesse la scena (4).
   E bast anche delle munificenze d'Ercoie. La protezione accordata ai dotti, ai letterati ed agli artisti, la città ampliata, le Chiese erette, i monasteri dotati lo resero il pia splendido dei Ducif Escensi. Il popolo amò quella munificenza che aveva fatto di Ferrara una delle pr'ine città italiane, e quando alcuni giorni innanzi che Ercole morisse, tre scosse di terremoto funestarono la città, egli vide in quello spaventevole fenomeno della natura il triste annunzio della vicina perdita del suo ottimo padre e del suo principe (5).
   Tra il lusso e le feste pochi s'accorsero o si curarono delle perdute libertà politiche e del declinare del sentimento religioso e morale, perchè pochi erano quelli non indifferenti ad ogn* vita politica, morale e religiosa. I gentiluomini e le dame della corte, immersi in un fine e grazioso epicureismo, passavano lor giorni tra le cortesie cavalleresche, i tornei, ì conviti e i piaceri dell'arte; gli eruditi e i poeti, godendo gli agi lor concessi dalla munificenza del Duca, vivevano tra libri
   (J) V. Borsetti, op. cit. Pars. I. lib li.
   (&) Memor. per la Stor. di Ferrara, voi. 4. cap. 111.
   (3) Parole del Zambottì, citate dal Frizzi
   (4) V. Frizzi e Barotti op. cit.
   (5) Borsetti, op. cit. Part. 1. lib. II.