CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
bencliè in quest'ultimo sieno per avventura più frequenti l1 ntrusion. dei latinismi e gli aifettati giri del periodo alla latina. Ricliiedevasi un senso dell' arte più delicato di quello di cui era dotato il Palinier perchè la prosa volgare s'accostasse all'armonia e all'eleganza della poesia di Angelo Poliziano. L'uomo dotato di questo senso più squisito dell'arte, a che però scrisse la prova mgliore del suo tempo fu Leon Battista Alberti.
Leon Battista Alberti rappresentò, sotto ogi. suo aspetto, la cultura del decimo quinto secolo. La rappresentò nelle sue tendenze all'universalità, nel moto interno che la guidava a cercare la realtà della vita e della natura, e in quel culto della bellezza de'la forma che voleva improntare di grazia e di leggiadria ogni produzione dello spirito e fin le forme della socievolezza. Nato da una famiglia di esuli fiorentini in Padova nel 1411, dice il Tiraboschi, in Venezia nel 1404, dicono altri, educato nella ginnastica, nella danza, nel nuoto, nella corsa, nella lotta, l'Alberti seguì dapprima ì corsi di lettere e di giurisprudenza in Bologna, poi si diede con ardore allo studio delle matematiche e della fisica. Quando Cosimo dei Medici fu richiamato dall'esilio, egli andò colla sua famiglia a Firenze, dove visse tra artisti, letterati e filosofi quella vita di studi geniali, di erudite ricerche e di ozi contemplativi ch'era propria dei fiorentini dell'epoca medicea. La vastità del suo sapere era a quest'ora già prodigiosa. Risolveva difficili ed interessanti problemi di geomet* .a, faceva utili trovati nella meccanica e nella fisica, dettava precetti di pittura e di scultura, e intanto discuteva di filosofia platonica col Landino e col Ficmo e scriveva egloghe ed elegie. Nel 1441 lo vediamo proporre quel Certame coronario, celebratosi in Firenze in S. Maria del Fiore, a cui altrove accennammo. Passò, di poi, e dimorò lungo tempo a Roma, dove crebbe fra dotti della corte di papa Nicolò V, studiando i monumenti arehitetloiucx dell'eterna città, « investigando, considerando e disegnando con pittura ogni cosa, non ne lasciando alcuna indietro in alcun luogo, fino a tanto che avesse conosciuto interamente e posseduto tutto quello che da qualunque ingegno o arte in Si/fat+i edilìzi fosse stato messo in opera » (1). — Reduce da Roma, lo troviamo nuovamente in Firenze, occupato di grandi opere architettoniche. Sono opere dell'Alberti la facciata di S. Maria Novella, il palazzo Rucellai, la capella di S. Pancrazio, la chiesa di S Andrea in Mantova e quella di S. Francesco in Ri-min . Famoso n Italia tutta, ebbe elogi e cortesie dai Medici non solo, ma anche dai Gonzaga di Mantova, dai Montefeltro d'Urbino, dagli Estensi di Ferrara. Nel corso d sua vita spiegò tutta la portentosa attività e vastità del suo ingegno, abbracciando la cultura de) suo tempo, e lasciando alla sua morte, seguita in Roma nell'aprile del 1472, trentacinque opere tra latine e volgari, in prosa ed in verso (2). S'era dato con ardore allo studio delle matematiche e della fisica, e le sue Piace-tolezze matematiche, non che i suoi trovat nella meccanica e nella fisica gli diedero un posto onorato nella storia delle scienze. Era stato artista, e i libri la Statua, la Pittura e segnatamente . suoi dieci libri d'Architettura, che gli ottennero dalla posterità il t'tolo di Vitruvio moderno, In posero primo del suo tempo nella schiera degli scrittori dell' art' del disegno (3). Era stato latinista, e giovane di vent'anni aveva divulgato sotto 1 nome d: Lepido, antico poeta comico latino, una sua commedia intitolata Philodoocos, scritta con tanto sapore di latinità, che venne da tutti ritenuta come antico lavoro e da Alberto Eyb di Bamberga attribuita a Carlo Marsuppini, professore di r et lorica in Firenze e segretario della Repubblica fiorentina. Era stato
(1) L. B. Alberti, Architettura, lib. VI, cap. 1.
(2) Le opere volgari dell'Alberti furono raccolte e pubblicate in Firenze da Anicio Bonucci negli anni 1814-45 e 46.
(3) L'operetta della Pittura fu scritta dall'Alberti in latino, poi da lui stesso voltata in italiano e mandata al Brunnellesco. V. Maffei, Stor. della Lett. ital. lib. II. cap. VI. — Anche i libri dell'Architettura furono dall' Alberti scritti in latino; in volgare li voltò qualche tempo dopo Cosimo Bartoli.