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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LÌNGUA, ECC. 305
   non si abbandonavano all'astrologia, essi trasformavano di fatto il loro cristianesimo in quella religione cosmopolitica che abbiamo sentito predicare dall'Astarotte del Pulci. E in questo casjo, essi si accostavano di più alla religione professata dai filosofi, la quale, tuttoché cristiana nel fondo, differiva assai dalla stretta ortodossia del Medio Evo. — Marsilio Ficino credeva che nei libri di Platone si contenessero le basi del cristianesimo; metteva il suo platonismo in rapporto colle dottrine di Zoroastro, di Hermes, di Orfeo e di Pitagora; lo vedeva sviluppato nelle speculazioni della scuola alessandrina, lo trovava confermato dalle meditazioni teologiche e mistiche dei primi secoli dell'era cristiana, e dopo di esserselo rappresentato come uno svolgimento progressivo di tutte le dottrine dell'antichità, lo considerava come la vera e legittima filosofia, lo identificava colla religione e col cristianesimo, e faceva del filosofo platonico il legislatore dell'umanità, il sicario di Dio in terra. La ragione, egli diceva, conduce a scopr re che sopra il senso sta l'intelletto, sopra la nostra mente altre menti, sopra le forme corporee altre forme incorporee e sopra ogni cosa Dio, fonte del vero, del bello, del buono e del giusto. A questo grado elevato non arrivano tutti gli uomini, ma solamente i filosofi. Disposto per natura ad ogni genere di disciplina, sincero, colla niente rivolta sempre all'immutabile ver ità, dispregiatore dei piaceri del corpo, non pauroso della morte, temperato negli affetti dell'animo, d'ingegno forte ed acuto, di memoria tenace e di grand'animo, — l'uomo che vuol diventare filosofo, deve fin dai primi anni di sua vita imparare le lettere e le scienze, comporsi colla cetra l'animo all'armonia, addestrarsi agli eserciz ginnastici e disporre l'animo alla moderazione e alla tranquillità colle oneste esercitazioni. Appreso così a dominare il corpo e l'animo, egli deve, di poi, cominciare l'apprendimento di ciò che solleva la mente alla contemplazione delle cose divine, cioè alla filosofia, tenendo in ciò fare l'ordine stabilito da Platone, e vai dire addestrandosi in prima nella aritmetica, nelia geometria, nell'astronomia e nella musica, per passar poi a quel profondo processo della mente, che Platone chiamava la Dialettica. Si è, in effetti, mercè codesto movimento intimo e progressivo del pensiero, che noi arriviamo a comprendere la vera e pura sostanza delle cose, in prima per via di ragioni fisiche, poscia per via di ragioni metafisiche, sicché s'intenda la natura d'ogni cosa, e sorpassando il senso si percepiscono coH'intelletto quelle spec.e incorporee delle cose che si chiamano idee, coll'aiuto delle quali si giunge alla contemplazione del Sommo Bene.
   Fin qui Marsilio Ficino camminava sotto la scorta d. Platone; ma in seguito Plotino egli altri Neoplatonici alessandrini diventavano le sue guide. L'anima intellettiva, secondo dogmi Neoplatonici, giunge fino alla visione di Dio. Il Bene in Platone era un'idea e formava il termine ultimo della conoscenza senza trascendere il mondo della ragione. In Plotino, invece, il Bene si cangia in una sovra essenza, cioè a dire in un sovrannaturale considerato in ordine al mondo della natura e in sovrintelligibile considerato in ordine al mondo del pensiero. Per congiungere l'un mondo all' altro, le forze naturali dello spirito umano non bastano adunque più e si richiede l'estasi. Ora, Marsilio Ficino, il quale si rappresentava il neoplatonismo come lo svolgimento naturale e diretto delle dottrine platoniche (1), accettava le conseguenze di Plotino e anche lui coli'estasi neoplatonica si vedeva sollevato fino al Bene Sommo. Da queste altezze il filosofo giudica del bene e del male, dell'onesto e del turpe, dell'utile e del nocivo; dispone le cose umane a seconda del Sommo Bene contemplato; governa sè stesso, la famiglia e la città; insegna le leggi e le ragioni del governare; fa in terra le veci di Dio. « Q>    (1) Marsilio Fic.no finge che Platone a proposito di Plotino esclami: IT/c est filius meus dilectvs, in quo mihi undique placet: ipsum audite. In Praefat. Plotini.
   Inverni/zi. Il Riso> gimento 39
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