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IL RISOiìGIMENTO.
noi non vogliamo dare un'importanza maggiore di quella che si meriti. E evidente in esso il difetto d' un principio filosofico ben definito e di sistema rigoroso. Ad onta di ciò, ove si confronti ad altri quadri di simil genere architettati nel Medio Evo, si scorgerà nel tentativo del Poliziano il nuovo indirizzo preso dalla cultura italiana del secolo XY. Intanto, per il Poliziano, il pensiero non è più esclusivamente dominato e governato dalla Teologia. Le dottrine che procedono dall'ispirazione, oggi diremmo dalla rivelazione, stanno a sè; l'ordine sovrannaturale o dogmatico apparisce teoricamente separato dall'ordine materiale o filosofico. Quelle da cui procedono le dottrine riguardanti il mondo naturale e morale sono le facoltà naturali dello spirito umano; è il lavoro assiduo del pensiero che ci trae a scoprire la verità intorno all'uomo e alla natura, e di ragione in ragione a salire fino ad una ragione suprema e a costruire cosi una dottrina intorno a Dio, dottrina la quale, in quanto scoperta colla sola luce del pensiero, profondamente diversifica dalla teologia dogmatica. Il Poliziano vedeva le dottrine filosofiche, morali, politiche e tutto un mondo di cognizioni versanti intorno alla vita umana sottrarsi al dominio della teologia, e camminare liberamente verso la loro meta ideale. Senza dubbio egli ammetteva nel suo quadro dottrine a cui mal si conviene un tal nome e stranezze e fantasticherie in cui si sente ancora l'influenza del vicino Medio Evo. Ma è notevole che mentr'ei metteva a fascio in una sola classe le previsioni risultanti dalla scienza e dall'esperienza coli'esaltazioni dei sensi e coi sogni, escludeva dall'enciclopedia le finzioni astrologiche e la magia, rivelando con ciò uno spirito adulto, che abbandonava il regno delle astrazioni e dei fantasmi e spaziava nel mondo reale dell' uomo e della natura non sorretto che dalla ragione e dall' esperienza. — Altri italiani dopo di lui e prima di Francesco Bacone tentarono con maggior successo di descrivere un'albero genealogico delle umane cognizioni (1), ma non sarà stato inutile alla storia il pensiero italiano l'aver ricordato il tentativo dell'erudito da Montepulciano; se non altro esso avrà servito a constatare le tendenze degli eruditi italiani del secolo XY ad abbracciare col pensiero il mondo dello spirito ed ordinarlo in una sintesi nuova (2).
Per le cose da noi narrate nei precedenti capitoli della presente storia sappiamo anche che uno dei caratteri più spiccati della nuova letteratura era il culto della forma. — Interrotto lo sviluppo della letteratura volgare del Trecento e fatta questa letteratura latina nella lingua e nello stile, Cicerone e Quintiliano erano diventati i modelli ideali dei latinisti. Leggendo le venerande ed eleganti pagine di quei due grandi scrittori di Roma antica, nei nuovi letterati del secolo XV s'era venuto facendo ognor più vivo il disprezzo per la rozza maniera di scrivere degli scolastici. Sin dal principio del secolo, Poggio e Leonardo Aretino avevano tentato di accostarsi, nella loro dizione latina, agli antichi esemplari ; ma soltanto al Poliziano c ra riuscito di ciò fare con miglior successo. Gli studiosi accorrevano allo Studio fiorentino allettati, non solo dalla dottrina del Poliziano, ma anche dalla venustà, dalla grazia, dall' amenità della sua parola, e insino, come afferma il Giovio, dalla sua voce alta e soave; in lui all'erudito si univa l'artista, la bella forma rendeva facile ed amabile la dottrina (3). Da questo momento l'eleganza e la venustà della forma, già tanto cercate sin dai tempi del Petrarca, diventarono uno studio sover-chiante quello del contenuto; e nelle migliaia e migliaia di orazioni, di epistola e di poesie latine che inondarono l'Italia si videro le menti divagare in un mondo
(1) Vogliamo alludere specialmente a Marco Nizolio bresciano, di cui faremo parola a suo tempo.
(2) Menke fa grandi, e forse troppi elogi del Panepistemon del Poliziano: magnimi fuit, egli dice, amplissimique istituti opus. Op. cit., pag. 540.
(3) Gli storici ed i critici non sono, a dir vero, tutti d'accordo sul merito della dizione latina del Poliziano. Vedi a questo proposito i vari giudizi riferiti dal Mencke, (op. cit.) e dal Baillet (Jugements des savants, IV pag. 18). 11 Tiraboschi ed il Fabrom nelle opere latine del Poliziano lodano la varietà e la ricchezza della lingua, la vivacità delle