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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
   Intanto la nuova cultura aveva distrutto 1' autorità religiosa del Medio Evo, emancipato il pensiero dal giogo teologico, fatto nascere nuovi bisogni e nuovi desideri, aumentato l'attività e la capacità intellettiva e dilargato l'orizzonte dello spirito. Il dogma della Chiesa trovavasi oramai impotente a raccogliere e dominare la ricca espansione della vita intellettuale: la letteratura classica, colla sua universalità, aveva possentemente concorso a lanciare le menti su di un campo ben più vasto di quello della Chiesa cattolica. Lo spirito abbracciava un più ricco contenuto, ed era sul punto di cercare la propria unità in principi superiori al principio religioso. Il Petrarca, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, il filelfo, e molt'altri eruditi erano stati i precursori di questa universalità: « era universale in tutte cose, per piena perizia che n' aveva » dice ancora Vespasiano da Bisticci di Nicolò Nicoli. Con questi eruditi lo spirito s'interessa di tutto ciò che è umano; V homo sum del poeta latino è precetto che governa l'attività del pensiero.
   In Firenze, all'epoca in cui ci troviamo colla nostra storia, eruditi, filosofi, poeti ed artisti, tutti agognavano abbracciare vastità prodigiose. — Il Poliziano, passato dalla poesia all'erudizione, formava la meraviglia degl'italiani e dei molti stranieri, che accorrevano allo Studio fiorentino ad udire le sue lezioni, per la vastità del suo sapere e per le tante e così diverse opere da lui scritte. Nella conoscenza della lingua e della letteratura greca e latina non trovavasi chi lo superasse ; seri veva versi latini e greci e leggeva pubblicamente di rettorica, di dialettica e di morale, commentando Aristotile e Platone ; traduceva i Problemi fisici di Alessandro d'Afrodite e acquistavasi fama di giureconsulto insigne per la celebrata sua emendazione delle Pandette; conosceva, pare, la lingua ebraica (1), e trattava di teologia
   degli uomini che conobbe e dei tempi in cui visse. Più d'una volta, ponendo termine al suo racconto della vita d'un personaggio, egli afferma essere quello che ha scritto la propria verità secondo che lui 1' ha veduta od udita, e s' augura che altri meglio di lui culto possa fare le cose più chiare. Non credasi, però, di trovare in lui uno scettico che registra indiffcrentemenle vizi e virtù; no, Vespasiano giudica uomini e cose secondo certi prin-cipii nei quali egli ha fede, e loda o biasima apertamente secondo che i fatti da lui narrati rispondono o no a quei principii. Vespasiano è credente, e non gli par nemmeno possibile si possa dubitare della religione cristiana, tant'essa è cosa degna e approvata da tanti maravigliasi uomini. Egli divide co' suoi contemporanei il culto dell'antichità classica e l'amore della cultura, ma quello non vorrebbe scompagnato dalla devozione ai principi religiosi stabiliti, nè questo dall'amore della virtù. Lo spirituale, secondo lui, « debbe tenero il principato in ogni cosa ; » ed è questa ragione che lo decide ad aprire la serie delle sue Vite con quelle dei pontefici Eugenio IV e Nicola V. « Così vorrebbero essere fatti i precettori, die' egli nel chiudere la Vita di Vittorino da Feltre, che non solo insegnassero la lingua latina e la greca, ma i costumi, che sono sopra tutte l'altre cose di questa presente vita. » Ad onta di ciò egli non isfugge interamente alla pressione dell' atmosfera sociale che lo involge, imperocché la protezione accordata alle lettere o l'erudizione bastano spesso per lui a fare un grand' uomo, a fargli dimenticare molti difetti e dissimulare molti vizii dei personaggi di cui scrive. Così accade, ad esempio, nelle Vite di Nicola V, di Alfonso d'Aragona, di Cosimo il Vecchio, di Poggio, del Filelfo e d' altri. — Ma noi non possiamo e non vogliamo estenderci più oltre nel parlare del libro di Vespasiano da Bisticci. I lettori troveranno nella Prefazione di Angelo Mai e di Adolfo Bartoli altre e importanti notizie intorno al libro e al suo autore. A noi basti d'aggiungere chele Vite degli uomini illustri di Vespasiano da Bisticci è libro pieno di notizie di sommo rilievo riguardanti la vita religiosa, politica e letteraria non che i costumi pubblici e privati del secolo XV, c però necessario a consultarsi da chiunque voglia ricostruire la storia di queir età.
   (1) Almeno cosi afferma Ottone Menico (Historia vitee et in litteras meritorum Angeli Poiitiani etc. Lipsise, 1736J, argomentandolo su varie citazioni dei Miscellanei, e specialmente da un distico d'un epigramma greco d'Alessandra Scala in risposta ad un altro epigramma greco del Poliziano. Il Menke traduce il distico cosi:
   Ut pellas tenebras, totsurqis, maxime, linguis Romulea, argolica, judaica, patria.