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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
   della rappresentazione, componeva le labbra ad uno scettico e beffardo sorriso. E questo sorriso che Luigi Pulci mise nel suo Morgante, è un'ironia allegra e scettica, portato dell' indole, delle tradizioni e della cultura degli italiani della Rinascenza, quella che appare nella poesia cavalleresca, e che le dà una fisonomia nuova e tutta sua propria.
   Ben forse credette la pia e eulta madre di Lorenzo il Magnifico che il Pulci, raccogliendo le tradizioni intorno a Carlo Magno sparse nei romanzi e nei poemi popolari, avesse ad ordinarle in un poema d'indole seria e colle forme regolari dell' epopea classica. Ma niente più dell' eroico ripugnava al carattere del Pulci, e nessuno era meno di lui disposto a prendere sul serio un soggetto come quello della Cavalleria. Spirito bizzarro se mai ve ne fu, lontano dalle astrazioni scolastiche e platoniche, erede delle tradizioni del Boccaccio e del Sacchetti, Luigi Pulci tolse al popolo la materia, le forme esteriori e la lingua del suo poema; poi, senza curarsi della rettorica aristotelica, si lasciò andare dove lo portavano la sua indole e la sua mobilissima fantasia. Alterò anch'egli i racconti tradizionali, v'introdusse nuove e bizzarre invenzioni, narrò con finta serietà le strane e maravigliose imprese trovate nei poemi popolari, ne esagerò le proporzioni, fece strazio degli eroi della Cavalleria, già rimpicciniti e fatti volgari dal cantastorie di piazza, cangiò il significato delle tradizioni, parodiò i motivi interiori del mondo cavalleresco, mescolò il serio col burlesco, la fede collo scetticismo, e compose in tal guisa un poema, il quale, mentre'conserva la materia e le forme generali dei poemi cavallereschi italiani, è una lunga e continuata parodia di questi stessi poemi. L' artista contemporaneo di Lorenzo dei Medici con un beffardo sorriso sulle labbra disperde gli astratti fantasimi dell' epopea feudale, e rinnova il mondo convenzionale dell' immaginazione popolare italiana, trasfondendovi le idee e le tendenze della sua personalità e del suo tempo. « Il poema del Pulci, nota Gaston Paris, è il compimento e la parodia di tutti i poemi cavallereschi italiani anteriori. Esso forma doppiamente epoca e per la sua importanza nella successione storica dei poemi italiani e per il suo valore artistico. Col Pulci la personalità del poeta diventa per la prima volta predominante nel].' opera, e per la prima volta anche lo stile è trattato con arte che ha coscienza di sè stessa. Infine, pur conservando alla materia epica 1' aspetto generale datole dai Reali e dai poemi che da questi derivano, il Pulci abbellisce le loro invenzioni, e sviluppa certi tratti in un senso che deciderà i poeti posteriori. In lui tutti i dati anteriori sono più ampiamente svolti, e la fisonomia italiana dell' epopea carolingia si fa di più in più manifesta » (1). — Invano si cerca nel Morgante l'unità d' azione e di sentimento delle epopee regolari. Il Pulci ti rende immagine di un uomo che scrive giorno per giorno senza disegno ben stabilito e che quindi non sa dove la fantasia lo porterà domani. Pensa la commedia e gli riesce la tragedia ; invoca gravemente Dio e la Vergine, poi ti racconta con piglio burlesco le avventure di Meridiana o ti dà la professione di fede di Margutte. Gli avvenimenti si raccolgono ora intorno ad Orlando, ora intorno a Gano di Magonza, ed ora intorno a Carlo Magno : ove si consideri materialmente 1' azione del poema, Morgante è un personaggio secondario. Abilissimo nel maneggiare il dialetto, mirabile nella proprietà dei vocaboli, il Pulci non mette, come osservava il Foscolo, nè seguito nè legamento nelle frasi, e spesso non rispetta la grammatica. I suoi versi si succedono rapidi< presentando ciascuno un' immagine, ma tra l'uno e l'altro non c' è nesso e l'ottava riesce diffusa, slegata, accozzamento anziché insieme organico di parti.
   Ad onta però che il Morgante non riuscisse quel poema serio e regolare, che era nei desiderii degli ammiratori della classica antichità, esso venne dai contemporanei stessi del Pulci accolto con tale favore che dal 1481, epoca in cui fu primamente pubblicato, fino al chiudersi del secolo XV se ne fecero più di cinque edizioni. — Le ragioni di un tale successo risulteranno meglio da quanto ci rimane a dire intorno alla Letteratura dei contemporanei di Lorenzo dei Medici.
   (1) Op. cit. Liv. premier. Chap. IX.