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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. 2-11
   Piaceva al cielo questa religione Che discerne le bestie dagli umani.
   Del pari la gente degli Antipodi, adorando adesso i pianeti crede adorar bene, ed anche per essa sarà fatta giustizia. E però
   non debbe disperar mercede Chi rettamente la sua legge tiene: La mente è quella che vi salva e danna Se la troppa ignoranzia non v'inganna.
   Dal convito di grazia, a cui son chiamate anche le genti, che vivono .in quell'altro emisfero del nostro globo vengono esclusi soltanto i Giudei ed i Saraceni perchè costoro negarono di riconoscere Colui la cui venuta fu vaticinata dai profeti d'Israele, dalle Sibille e dai poeti della Gentilità. — Le rivelazioni di Astarotte infiammano Rinaldo, che vuole andar cercando quei lontani paesi
   E passar questo mar, dov'Ercol erra; Chè vivere e morir vuoisi apparando.
   Durante l'aereo viaggio dei demoni e dei cavalieri invèr Roncisvalle, Astarotte parla un'aHra volta ed a lungo di cose attinenti alla scienza della Natura. Caduto il discorso su d'un padiglione regalato da Luciana a Rinaldo, padiglione su cui si dicevano dipinti tutti gli animali della terra, il savio diavolo fa notare che ve ne mancano assai dei principali, e, supplendo al difetto, ne descrive un gran numero di poco noti. Finalmente i viaggiatori arrivano a Roncisvalle, dove la battaglia è già cominciata. Rinaldo si duole del partire di Astarotte quanto fusse fratello, e dice di credere anche lui che in inferno sia
   Gentilezza, amicizia e cortesia.
   E veramente questo demonio della Rinascenza fiorentina di satanico non serba che le ibride sue forme esteriori; quanto allo spirito egli è ben cangiato da quello che era un tempo. Sentendolo parlare non si pensa più a quel torvo spirito del male incarnato nel Satana della Bibbia e del Medio Evo, oggetto degli odi e dei terrori di molti secoli. Egli è tutt'altro che nemico degli uomini, poiché invece di tradirli colla menzogna e coli'impostura, invece di perseguitarli colle suggestioni infernali, addita loro francamente le vie della verità e del bene. S'egli parla ironico, il suo è il piglio di chi si spassa un po'dei pregiudizii e degli errori, mostrando nel tempo stesso la verità, ma non è la parola satanicamente scettica e sprezzante d' un nemico d' ogni verità, e bontà. S' egli motteggia e ride il suo riso è ben lontano dai scellerati cachinni d'inferno. Egli, infine, non è nemmeno uno spirito accanitamente ostinato nella sua ribellione a Dio. Come ogni pianta serba della sua radice, benché poi il frutto sia tralignato, così Astarotte, serafino decaduto, nel fondo dell' esser suo serba ancora qualche cosa della bontà di sua angelica natura , e se lo potesse, egli vorrebbe tornare a quel tempo felice e per sempre perduto, il cui ricordo gli fa dire con accento melanconico: mutiamo ragionamento (1). Insomma la leggendaria deformità morale del demonio, in Astarotte è quasi del tutto scomparsa. Col nero cherubino dantesco che fa il loico e con Astarotte comincia nella poesia una nuova storia del diavolo; storia della quale il Mefìstofele di Goethe è l'ultima manifestazione. I diavoli di Dante, di Milton e di Goethe sono 1' espressane del secolo rispettivo che li vide nascere; l'Astarotte del Pulci è, alla sua volta, l'espressione dello spirito del secolo XV. « Ci è lì, dice il De Sanctis, il
   (1) C. XXV st. 281. 285. Inveiìni/.zi. Il Risorgimento.
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