CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
quando il poeta par che prenda in sul seno il proprio racconto e se ne commova. E siccome il Pulci, ad onta che fosse uomo colto, era per inclinazioni e per immaginazione assai vicino ancora al cantore popolare da cui traeva la materia dei suoi versi, cosi il comico del Morgante riesce molto spesso grossolano e plebeo.
Dinnanzi alle tendenze scettiche e beffarde del Pubi, il mondo religioso e guerriero della cavalleria cangia di significato e si dissolve. Che ironici sorrisi dovevan chiamare sulle labbra dei commensali di Lorenzo il Magnifico, quei Paladini di Carlo Magno, ridotti così volgari negli atti e nelle parole, che corrono il mondo e convertono gl'infedeli aUcristianesiino, burlescamente contraffacendo il far grave dei dottori della scolastica! Assistendo alle conversioni da essi operate, si direbbe che nulla più prema al Pulci che volgere in comico 1' apostolato guerriero e religioso della Cavalleria. Vedete con clie piglio equivoco UUvieri spiega a Meridiana i misteri della fede di Cristo e che fine abbia la conversione di questa donna al Cristianesimo (1); l'equivoco ed il burlesco sottentrano alla serietà religiosa.
Restava ancora nei poemi cavallereschi popolari una cosa seria: il disastro di Roncisvalle dove morì Orlando. 11 poeta stesso nelF accingersi a raccontarlo, dice eh' ei pure aveva pensato di scrivere commedia del suo Carlo, ma che poi trovandosi condotto a scriver cose Che 7 sol par per pietà lacrime versi, la sua storia diventò tragedia. (2). E la sua è tragedia, ma dove il comico penetra e si pone accanto al patetico, dove si accozzano e si alternano immagini serie e scherzevoli, dove dal sublime scendi fino al buffonesco, e la fede s'accompagna alla miscredenza, — Le due armate dei cristiani e dei saraceni si trovano di fronte nella infortunata valle che i casi avversi Faran per molli secoli famosa: la battaglia sta per principiare; il momento è solenne. Ma che! eccoti il Pulci scappar fuori con una stanza del seguente tenore:
Quivi già i campi l'uno all'altro accosto, Da ogni parte si gridava forte. Chi vuol lesso Macon, chi l'altro arrosto; Ognun volea del nimico far torte. Dunque vegnamo alla battaglia tosto, , Sì ch'io non tenga in disagio la Morte
Che con la falce minaccia ed accenna Ch'io mova presto le lande e la penna (3).
Comincia la battaglia; e qui è dove i gran colpi di spada e di lancia tirati da una parte e dall'altra dei due eserciti combattenti sono cosiffattamente caricati da non lasciar dubbio sulla serietà del poeta nel descrivere la sanguinosa lotta fra cristiani e saraceni. — Turpino mette la lancia in resta, e salta che pare un capretto ,
Chè non è tempo di cantare or la messa.
On saraceno gli muove incontro e colla lancia gli rompe lo scudo.
Ma Turpin sa ancor 1' arte così vecchio ; E perchè il Saracen civettar volse, E' gli accoccoe la lancia in uno orecchio, E schiacciò l'elmo e '1 capo come al tordo, Ed in questo modo lo guari' del sordo (4).
(1) Morg. C. Vili. st. 9. 10. 11.
(2) C. XXVII. st. 1 e 2.
(3) C. XXVI. st. 49.
(4) Id. st. 02. 63.