272
IL RISOiìGIMENTO.
mano, rifioriscono e diventano più amabili. Lungo sarebbe recare esempli a prova di quanto affermiamo: in tutte le poesie dove il Poliziano addotta forme popolari, trovi un'immaginazione d'artista innamorato della bellezza che ogni cosa idealizza e illegiadrisce, quell'immaginazione stessa da cui erano usciti VOrfeo e le Stanze.
V' erano in Firenze molti altri noeti che correvano appresso all' ideale classico de1 la bella forma, ma nessun raggiunse il Poliziano, L'Ambra e le Selve cVAmore del Magnifico rimasero di gran lunga inferiori alle Stanze per la Giostrq,. E quanto alle poesie di Girolamo Beuivieni, di Bernardo e Luca Pulci, fratelli quest'ultimi a Luigi di cui suonò più alta la fama pel suo poema il Morganle, elleno poca o nessuna importanza hanno per la storia dell' arte. Il Benvieni (1453-1542), amico di Marsiglio Ficino e di Piro della Mirandola, come correva la moda, scrisse in volgare sonetti e canzoni che furono stampati in Firenze dai Giunti (1519) e lodati da Benedetto Varchi. Platonico, ei fece del Platonismo il tema favorito dei suoi versi, empiendoli di oscurità, di astrazioni e di sottigliezze tali che alla fine si trovò egli stesso costretto a commentarli per renderli intelliggibili. Una sua canzone sull'amor platonico, che comincia:
Amor, dalle cui man sospeso è il freno,
ebbe 1' onore d'essere commentata da Piro deila Mirandola in un'opera di tre libri scritti in volgare. Questa canzone, tanto celebrata dagli accademici fiorentini entusiasti del divo filosofo d'Atene, è, si può dire, un brano della Teologia platonica del Ficino messo in versi, ma non per questo fatto poesia. L'Amore raggia dal centro alla circonferenza; si comunica agli Angeli e per mezzo di questi scalda ed avviva 1' universo. Ecco come il Benivieni descrive il modo con cui 1' Amore si comunica alle creature angeliche:
»
Quando dal vero ciel converse scende Neil' angelica mente il divin Sole, Che la sua prima prole Sotto le vive frondi illustra e informa Lei che il suo primo ben ricerca, e vuole Per innato desìo che quello accende, In lui riflessa splende Virtù che il ricco sen dipinge e forma Quinci il primo desìo, che lei trasforma, Al vivo Sol dell' increata luce Mirabilmente allor s'accende e infiamma.
Quando Girolamo Savonarola reagì contro la Rinascenza fiorentina, il Benivieni abbandonò il platonismo e la poesia profana, seguì il frate di S. Marco e scrisse quelle Laudi della Sacra Pazzia di cui abbiamo recato altrove alcuni esempi.
Bernardo Pulci cominciò la sua carriera con due elegie, l'una in memoria di Cosimo de'Medici, e l'altra in morte di Simonetta amante di Giuliano de'Medici; pubblicò nel 1494 una versione italiana della Bucolica di Virgilio, e compose sulla morte di Gesù Cristo un poema stampato in Firenze nel 1490, ma che nessuno più legge. Suo fratello Luca celebrò la Giostra fiorentina dov' era rimasto vincitore Lorenzo de' Medici, in un poema a stanze fatto dimenticare da quello dove il Poliziano celebrò poco di poi la Giostra di Giuliano. Di Luca Pulci più considerevole, per mole, ò il suo Driadeo d'Amore, poema in ottava rima diviso in quattro parti, del quale è difficile continuare la lettura, perchè non è altro che una meccanica e morta ri produzione di miti classici, dove invece dell'artista non apparisce che l'erudito. Di un altro suo poema intitolato il Qiriffo Calvaneo diremo tra poco.
Queste che adombravano l'ideale classico non erano, però , le sole poesie del-