CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
moina i poeti letterati la fecero scomparire, abbandonando un mondo che per essi aveva poca attrattiva anciie come giuoco fantastico, e sostituendo una favola classica ai fatti tolti dal Testamento o dalle Vite dei Santi. Orfeo! l'arte che trionfa della barbarie, il poeta 111 cui le tradizioni elleniche avevano rappresentato i primordi della cultura! Qual soggetto poteva maggiormente interessare una società nella cui anima sol erano vivi il sentimento dell'arte e l'amor della cultura1? Il Poliziano s'ispirò ai canti di Virgilio e d'0\idio; nella sua mente le forme dell'egloga classica modificarono quelle consuete della Rappresentazione popolare, e quel mondo idillico e classico che giaceva nelle menti dei contemporane' di Lorenzo il Magnifico, ancor rozzo per soverchio naturalismo, ancor chiuso nell'erudizione e senza vita, uscì dalla sua immaginazione idealizzato, e pieno di grazie e di profumi. Così nella Rappresentazione drammatica italiana, nata nella chiesa dal culto religioso, parte anzi di questo medesimo culto, uscita più tardi sui ponti e sulle piazze e divenuta un divertimento popolare ad onta dell'azione sacra che a essa svolgevasi, gli eruditi sostituirono un mondo di pura immaginazione, ma che realizzava le loro intime tendenze, a quello sorto dalle credenze religiose e morali del Medio-Evo. Profano nello spirito e nel soggetto, VOrfeo portava ancora qualche traccia della Sacra Rappresentazione nelle sue forme esteriori, ma la divisione in atti a modo della tragedia classica, che i dotti affermano imposta più tardi dal Poliziano stesso al suo lavoro, benché esteriore del tutto e meccanica, accenna alla tendenza di sottoporre il dramma alle regole del teatro greco e latino. Infatti, Plauto, Terenzio, e commedie e tragedie fatte ad imitazione degli antichi già cominciavano ad invadere le scene delle Corti, e ad intrattenere le colte società italiane. Leon Battista Alberti aveva già da un pezzo divulgato sotto il nome di Lepido, antico poeta comico, una sua commedia latina intitolata « Philodoocos » scritta con tanto sapore d'antichità che venne da tutti gli eruditi stimata opera d'un antico scrittor latino e da Alberto d'Eyb attribuita a Carlo Marsunpini, professore di rettorica a Firenze e segretario della Repubblica. In Roma, sopra un teatro che il cardinal Riario aveva fatto a bella posta costruire in sua casa, Pomponio Leto faceva rappresentare le commedie di Plauto e di Terenzio. In Ferrara, i duchi d'Este facevano con gran lusso rappresentare commedie latine antiche; per ess Pandolfo, Collenuccio da Pesaro traduceva in terza rima VAnfitrione ; per essi Matteo Bojardo scriveva, ad imitazione dei latini, il Timone, una commedia in versi volgari il cui soggetto era tratto da un dialogo di Luciano. Siffatta invasione arrestò lo sviluppo della Rappresentazione italiana, sostituendovi le forme della commedia classica.
Come nelle Stanze per la Giostra e nell' Orfeo, il Poliziano idealizzava le tendenze dei dotti contemporanei di Lorenzo il Magnifico, così nei Rispetti e nelle Ballate che di lui ci r mangono (1), rendeva idealizzati i sentimenti e le immagini della musa popolare toscana. — Noi non ripeteremo qui quello che altrove abbiano detto circa l'indole e le forme della lirica popolare del secolo XV; soltanto osserveremo che tra quanti dotti poeti di quest' epoca presero a cantare nei modi usati dal popolo, il Poliziano è quegli che lo fece con più di grazia e di nobiltà. Scettico anch'egli nel fondo dell'anima come Lorenzo de' Medici, al par di questi platonico di nome ed epicureo in realtà, se non è per virtù del sentimento morale, è per quello della bellezza che le aspirazioni e le immagini del canto popolare escono dalla sua immaginazione purificate, 'llegiadrite e nobilitate. Anche il Poliziano è sovente ispirato dall'ebbrezza voluttuosa dei sensi; ma il sentimento dell' arte, eh' è vivo e squisitissimo in lui, tempera queir ebbrezza, ne toglie gli eccessi, l'infrena e la compone in forme piene di vezzi e di leggiadria. L'oscenità plebea non entra nell'immaginazione del poeta delle Stanze; s'egli scherza e ride, il suo scherzo è urbano, il suo riso è composto e grazioso. Sia che il suo canto renda la festività maliziosa dei borghesi fiorentini, sia ch'esprima la bonaria ingenuità'del contado, le grazie native del dialetto toscano e delle forme liriche popolari, in su<\
(1) Vedi l'edizione del Carducci da noi più volte citata.