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IL RISOiìGIMENTO.
dono Euridice ad Orfeo, a patto, però, cli'ei non la miri in viso. Nel ritorno, Orfeo non può mantenere la promessa, ed Euridice gli è ritolta, e nè il suono della lira ne il canto valgono a rivocare la sentenza de; Numi d'Inferno. Inconsolabile, piange di nuovo la sua sventura, giurando di non voler più quinc'innanz. amar donne nè sentir parlare di femminili amori, Giove s'innamorò di Ganimede, Febo di Giacinto, Ercole fu vinto dal bel Ila, però conclude:
Conforto e' maritati a far divorzio, E ciascun fugga il femmini' consorzio ^1).
Le Baccanti, indignate per questo sprezzo dell'amor femminile, assalgono Orfeo, e lo fanno in pezzi. Una di esse torna poi in ;scei?a con in mano il capo dello sventurato cantore e lo sacrifica a Bacco. Intanto le sue compagne intuonano il Ditirambo che comincia cosi:
Ognun segna, Bacco, te! Bacco, Bacco, eù, oè!
Chi vuol bever, chi vuol bevere Vogna a bever, veglia qui. Voi imbottate come pevere, Io vo' bevero ancor rr.i. Gli è del vino ancor per te; Lascia bever prima a me.
Col canto delle Baccani finisce la Rappresentazione d'Orfeo. — Ad essa indarno il Poliziano, o chi altro per lui, appiccicò il nome di tragedia per ciò soltanto che tragico riè il soggetto e funesto il fine: questo nome non accenna che a qualche cosa di esteriore e di meccanico al pari della divisione n atti e scene che si trova . nella lezione del P. Affò. Nel suo andamento interiore l'Orfeo non si discosta dalle forme delle Rappresentazioni popolari altrove da noi esaminate. Anche in esso, infatti, l'azione si svolge come in un racconto in dialogo; anzi mentre le Rappresentazioni popolari, nel loro libero svolgimento, accennavano d'accostarsi sempre più al dramma, VOrfeo da questo .si allontana e procede più simile all'egloga di Teocr'to e di Virgilio. L'azione è narrata anzi che rappresentata dagli attori; i caratteri sono appena abbozzati e rimangono senza svolgimenti; i sentimenti e gli affetti dei personaggi scoppiano in canti lirici che costituiscono le parti principali della Rappresentazione. L'Orfeo del Poliziano, in sè stesso, lungi dall'essere un mondo tragico, è l'espressione d'una vita idillica senza dissidii angosciosi e senza lotte, dove le passioni sono emozioni che si esalano in dolci versi come quelli del canto d'Aristeo, dove il dolore diventa elegiaco, e spira in molti lamenti come ouelL d'Orfeo, o in flebili note come quelle del caro delle Driadi che piangono la morte d'Euridice, dove, infine, tutto si risolve e iinisce nel tripudio bacchico dei sensi. Quella dell' Orfeo è una poesia che a guisa di una musica melodiosa penetra e riempie l'orecchio, tiene gradevolmente intento, senza mai turbar l'anima nè scuotere l'intime fibre del cuore anche quando suona flebile e lamentosa.
Se però VOrfeo, considerato sotto tutti i suoi aspetti, non segna, come vuole il P. Affò, l'origine della tragedia italica, segna certo la trasformazione fatta subire dai dotti alla Rappresentazione drammatica spontaneamente nata e cresciuta in Italia. — Già vedemmo nelle Rappresentazioni popolari il mondo miotico e miracoloso dei Medio-Evo risolversi in un giuoco fantastico, mosso da un'ispirazione profana e rivolto a conseguire fini affatto profani. C'era nel teatro popolare una disarmonia tra
10 spirito profano che lo animava e il soggetto sacro rappresntato; questa disar-
(1) L'ottava che contiene le oscene allusioni riferite nel tosto, .nella lezione del
11 Affò è tolta.