258 IL RISOiìGIMENTO.
e di coltura; è il giocondo epicureismo fiorentino che tripudia beffardo nei motti arguti, negli equivoci, nelle allusioni nelle caricature, nelle parodie, e finisce nelle oscenità plebee dei canti carnascialeschi. Partecipando un po' per carattere e per abitudine, un po' per arte di governo alle feste e alle mascherate del popolo fiorentino, Lorenzo si fece l'eco di quella gioja spensierata e la rappresentò in tutte le sue gradazioni, dal motteggiar piacevole ed arguto fino alla cinica licenza. E così nelle sue poesie egli espresse tutte le tendenze della vita interiore del suo tempo, da quelle de' suoi dott: ar,ic dell'Accademia platonica fino a quell'altra dell'allegro e beffardo popolo fiorentino.
Tra le opere di Lorenzo il Magnifico noi troviamo delle Laudi spirituali ed una Rappresentazione che alcuni recano innanz* come documenti della sua pietà religiosa. Ora, che cosa sono queste Laudi? Come comparisce questo mondo ascetico in mezzo a'canti ispirati dalla voluttà e il cui ideale è il senso1? —• Abbiamo qui un'altro carattere della condizione morale dei tempi del Magnìfico. Il Cristianesimo non era del tutto scomparso da quell'anime piene di classic.smo e di sensualità; ma o vi durava come sentimento abituale e tradizionale senza efficacia sulle azioni, o insensibilmente si trasformava, accogliendo nella sua cerchia indefinitamente dilargata tutta l'umanità anche pagana, come nella filosofia di Marsilio Fkino, assumendo proporzioni umane e terrene come nella testa del Cristo morituro dì Leonardo da Vinci, diventando, infine, la voce banditrice della civiltà sulla terra, come in Cristoforo Colombo. Se poi noi vogliamo vedere cosa diventasse in Lorenzo il Magnifico il mondo ascetico e miracoloso del Medio Evo, prendiamo la Rappresentazione di San Giovanni e Paolo da Lorenzo stesso scritta negli ultimi anni di sua vita e da lui fatta recitare dalla compagnia di San Giovanni in occasione del matrimonio di sua figlia Maddalena con Franceschietto Cibo, figlio del pontefice Innocenzo Vili.
L'argomento di questa Rappresentazione è sottosopra quello stesso che troviamo nel dramma latino il Gallicano di Hrosvita, monaca del monastero di Gandershein vissuta intorno alla metà del secolo X (1). Ci è però questa diversità, che in Hrosvita l'argomento prende la forma della commedia classica di Terenzio, mentre nel Magnifico conserva quelle delle Rappresentazioni popolari di cui abbiamo superiormente parlato.
L'Angelo, annunziando la festa, così finisce dirigendosi agli spettatoij :
La Compagnia del nostro San Giovanni Fa questa festa; e siam pur giov'netti, Però scusate i nostri teneri anni, Se i versi non son buon ovver ben detti, Nè sanno de' signor vestire i panni, 0 vecchi o donne esprimer fanciulletói: Puramente faremo e con amore; Sopportate l'età di qualche errore.
Costanza, fig^a dell'imperatore Costantino, giace colpita dalla lebbra senza speranza alcuna di mai più guarire. Un servo la consiglia d'ire a implorar grazia sul sepolcro della Santa martire Agnese. Ella vi si reca, prego, la Santa che la renda al vecchio padre sana e netta, e la Santa l'esaudisce col liberarla affatto dalla lebbra. Piena di gioja e di riconoscenza per la grazia ricevuta, ella fa voto di cast-tà a Gesù, e torna al padre, mostrandogli il miracolo che la santa ha per lei ottenuto e narrandogli del voto fatto. Costantino fa gran festa, e vuole che tutti st ìlio allegr'.
Su rallegriamoci tutti e facciam festa: 0 scalco su, da far collezion truova; Fate che presto qui mi vengli'innanzi Buffor.i e cantator, chi suoni e danzi.
(1) Emiliani-Giudici, Storia del Teatro italiano, Cap. III.