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IL RISOiìGIMENTO.
alla lingua latina, perche la propagazione dello imperio romano l'ha fatta non solamente comune per tutto il mondo, ma quasi necessaria E per questo concluderemo che queste lodi esterne, e che dipendono dalle oppenioni degli altri e dalla fortuna, non sieno lodi proprie. E però vo'endo prosare la degnità della nostra lingua solamente doviamo insistere nelle prime condizioni.... se la lingua nostra facilmente esprime qualunque concetto della nostra mente, ed a questo nessuna miglior ragione si può introducere che la esperienza. Dante, il Petrarca ed il Boccaccio, nostri poeti fiorentini hanno negli gra,ri e dolcisrmi versi ed orazioni loro mostro assai chiaramente con molta facilità potersi in questa lingua esprimere ogni senso. Perchè chi legge la Commedia di Dante \ troverà molte cose teologiche e naturali essere con grande destrezza e fac''ità espresse. Troverà ancora molto attamente nello scr.ver suo quelle tre generazioni d stili, che sono dagli oratori lodati, cioè umile, mediocre ed alto: ed in effetto n un solo Dante assa perfettamente assoluto quello che n diyers autor., così Greci, come Latini, si trova. Chi negherà, nel Petrarca trovarsi uno stil grave lepido e dolce? e queste cose amorose con tanta gravità e venustà trattate, quanto senza dubbio non si trovano in Ovidio, in Tibullo, o Catullo, o Properzio o alcun aPro latino1? Le canzoni ed i sonetti di Dante sono di tanta gravi?à sottilità ed ornamento, che quasi non hanno comparazione n prosa o orazione soluta. Chi ha letto il Boccaccio, uomo dottissimo e facundissimo, facilmente g idicherà singulare e sola al mondo non solamente l'invenzione, ma 1 a copia e l'eloquenza sua. E considerando l'opera sua del Decamerone per la diversità della mate a or grave, or mediocre, or bassa, e contenente tutte le perturbazioni che agii uom'li poss 0110 accadere di amore ed odio, timore, speranza, tante nuove astuzie ed ingegied avendo ad esprimere tutte le nature e pass;oni degli uomini che Si trovano al mondo, senza controversia giudicherà, nessuna lingua meglio che la nostra essere atta ad esprimere. E Guido Cavalcanti, di chi di sopra facemmo menzione, non s. può d re quanto commodamente abbi insieme congiunto la grav tà e la dolcezza, come mostra la canzone sopraddetta (la canzone d'amore) ed alcuni sonetti e ballate sue dolcissime. Restano ancora molti altri gravi ed elegant scrittori, la menzione de' quali lasseremo piuttosto per fuggire prolissità che perchè non ne sieno degni. E però concluderemo, più presto essere maucati alla lingua uomini che l'esercì ano che la lingua agli uomini ed alla materia » (1).
Il Commento in cui Lorenzo de' Medici col difendere l'uso del volgare ita! ano s'era fatto l'interprete delle idee d'una eletta schiara di suo. contemporanei, aveva anche segnato 1' entrare del giovane Medici nel campo della letteratura volgare.
Quel Commento è una specie di Vita Nuova in cu Lorenzo narra . suoi giovanili amori con Lucrezia Donati, spiega le occasion di alcuni Sonett a questa dedicati, e li commenta, esponendo la sua teorica sull'amore. Uscito pur ora dalla scuola del Ficino, piena la mente della lettura del Petrarca, egl; esordisce pla-tonizzando e petrarcheggiando. L'amore è appetito di bellezza. Y è un'amore che è mezzo a tutte le cose a trovare la loro perfezione e che riposasi da ultimo nella suprema bellezza, ed è quello di cui ragiona Platone; e vi è un'amore che si estende solamente ad amare l'umana creatura. Ora, limitando il discorso a quest'ultimo, Lorenzo dice che se esso non è il bene sommo, almanco in sè contiene tanti beni, ed evita tanti mali che, secondo la comune consuetudne della vita umana, tien luogo di bene, massime se concorrono queste due condizioni: che si ami una cosa sola, e che questa la si ami sempre, Imperocché, amando sempre una cosa richie-desi ch'ell'abbia in sè stessa, a proporzione delle cose umane, somma perfezione, e che oltre le naturali bellezze, concorrono nella cosa amata ingegno grande, modi e costumi ornati ed onesti, maniere e gesti elegant', destrezza d'accorta e dolci parole, amore, costar za e fede; di guisa che se per infermità o per età mancasse in ti^tto od in parte quella bellezza che colpisce gli occhi e sveglia 1' amore, restino
(1) Lorenzo dei Medici, Opere. Firenze per Giuseppe Molini co' tipi Bodoniani, xMDCCCXXV. Voi. W. Commento del Magnifico Lorenzo dei Medici sopra alcuni suoi sonetu. pag. 15-21.