CAI'ITOLO QUARTO. — RINNOVAMENTO DELLA LINGUA, ECC. S-81
alquanto mutata nella sua forma esteriore (lj. Intanto il dramma classico invadeva la scena, e noi abbiam visto come il popolo delle città fosse già preparato ad accogliere ed applaudire le commedie del Macchiavelli e dell'Ariosto.
Tale fu la letteratura popolare italiana dalla morte del Boccaccio fino ai primi anni del secolo XVI. — Essa fedelmente riproduce i conflitti, le incertezze, le illusioni, i moti verso l'avvenire e i ritorni al passato d'un' epoca di transizione, quando le vecchie credenze perdono la loro efficacia, e delle nuove ne sorgono e si fanno strada attraverso discordi elementi. Tu vedi le generazioni italiane del secolo XV poste al varco fra due inondi. Il mondo mistico ed jascetico del Medio Evo dura tuttavia nel loro spirito, non però come un ideale vivente che muove ed agita tutte quante le forze interiori, bensì come un insieme tradizionale e meccanico di credenze senza efficacia sul sentimento e sulle azioni. I suoi simboli, i suoi miracoli, i suoi misteri hanno smarrito il loro antico significato religioso e morale; le sue forme non sono più seri poemi o drammi viventi dello spirito, ma sono vacue esteriorità da pascere gli occhi ed alimentare la superstizione che s'è posta in luogo dell'antica fede. Le sacre leggende si son tramutate in racconti che interessano le moltiiudini soltanto per la straordinarietà degli avvenimenti narrati; il miracolo è diventato una fonte del maraviglioso, e il Mistero o la Sacra Rappresentazione un divertimento popolare.
E intanto, esaurita la fede religiosa, niun altro serio impulso moveva il cuore delle moltitudini italiane. D'impulsi politici non se ne parlava nemmeno. Da molto tempo le plebi cittadine erano state o escluse dalla vita pubblica collà forza o distratte dal parteciparvi dai raggiri e dalle splendidezze delle signorie. I Medici, gli ultimi e più abili signori, avevano saputo addormentare colle loro arti anche la vivace e mobile democrazia fiorentina. Abbandonate alla loro ignoranza, divenute stromento maneggevole in mano degli ambiziosi, tenute allegre dalle splendide feste dei signori, viventi in mezzo agli ozi epicurei della borghesia, quando la superstizione non le tormentava con arcane paure, codeste plebi non ubbidivano più che agli stimoli d'un grossolano sensualismo.
Tanta vacuità di vita è la ragione dei caratteri delle opere letterarie popolari da noi studiate nel presente paragrafo. Poiché lo spirito s'aggirava in un mondo fatto abituale e straniero al sentimento, l'immaginazione popolare riproduceva macchinalmente il passato, creando fantasmi astratti e senz'anima; poiché non c'erano seri impulsi nella vita interiore, l'immaginazione si gittava vagabonda al romanzesco, accumulando fantasmi a fantasmi, allargando la cerchia del maraviglioso, frammischiando il miracolo cristiano al prodigio degli antichi e agi' incanti delle fate e d( j maghi del Settentrione.
E non è a maravigliare se in queste condizioni vediamo la leggenda cavalleresca, straniera all'Italia, senza valore nella vita politica e sociale italiana, passare le Alpi, smarrire lo spirito religioso ed eroico che l'animava, e, ridotta ad essere nient'al-tro che una serie di avventure maravigliose, un turbinìo di battaglie e di fantastici amori, diffondersi tra il popolo e prestare i suoi colori alle opere tutte che uscivano dall' immaginazion popolare. Fatti e personaggi delle sacre leggende, delle tradizioni nazionali, dei misteri chiesastici, ogni cosa, nell'immaginazione del popolo, prende da questo momento la tinta e il fare dei romanzi cavallereschi; ogni cosa rimane vuota ed esteriore come la vita da cui emana. Le Rappresentazioni più che drammi sono racconti sceneggiati, il cui effetto è tirato dalla straordinarietà e dal maraviglioso delle combinazioni, il cui interesse è tutto riposto nella molteplicità e stranezza degli avvenimenti. I caratteri vi sono appena abbozzati ; la vita è colta nella sua esteriorità; quelle che colpiscono sono le rapide mutazioni nello stato moti) Sulle attuali rappresentazioni drammatiche del contado, V. A. D'Ancona, La Iìap* presentazione drammatica nel contado toscano. Nuova Antologia, settembre e ottobre 1869. Volume XII.