t,a divina commedia.
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Ma chi prende sua croce e segue Cristo, Ancor mi scuserà di quel ch'io lasso, Vedendo in quello albor balenar Cristo.
Di corno in corno, e tra la cima e il basso Si movean lumi, scintillando forte Nel congiungersi insieme e nel trapasso.
Così si veggion qui diritte e torte, Veloci e tarde, rinnovando vista, Le minuzie dei corpi, lunghe e corte,
Muoversi per lo raggio, onde si lista Tal volta l'ombra, che per sua difesa La gente con ingegno ed arte acquista.
E come giga ed arpa, in tempra tesa Di molte corde, fan dolce tintinno A tal da cui la nota non è intesa,
Cosi da' lumi che li m'apparinno S'accogliea per la croce una melode, Che mi rapiva senza intender l'inno.
Ben m'accors'io ch'ell'era d'alte lode, Perocché a me venia: Risurgi e vinci, Coin'a colui che non intende e ode.
Da un braccio della croce luminosa (Canto quindicesimo), si muove uno splendore:
Quale per li seren tranquilli e puri Discorre ad ora ad or subito fuoco, Movendo gli occhi, che stavan sicuri,
E pare stella che tramuti loco, Se non che dalla parte, onde s'accende, Nulla sen perde, ed esso dura poco;
Tale dal corno, che in destro si stende, Al piè di quella croce corse un astro Della costellazion che lì risplende.
Era questi Cacciaguida, un antenato di Dante, che a lui cosi rivolse la parola:
0 sanguis meus, o super infusa Gratia Dei ! sicut tibi, cui Bis unquam coeli janua reclusa?
E che poi gli discorre di Firenze e di sè:
......Quel, da cui si dice
Tua cognazione, e che cent'anni e piue Girato ha il monte in la prima cornice,
Mio figlio fu, e tuo bisavo fue: Ben si convien che la lunga fatica Tu gli raccorci con l'opere tue.
Fiorenza dentro dalla cerchia antica, Ond'ella toglie ancora e terza e nona, Si stava in pace, sobria e pudica.
Non avea catenella, non corona, Non donne contigiate, non cintura Che fosse a veder più che la persona.
Non taceva, nascendo, ancor paura La figlia al padre, chè il tempo e la dote Non fuggian quinci e quindi la misura.
Cartoli. Letteratura italiana. 03