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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   408 capitolo quattordicesimo.
   Esso atterrņ l'orgoglio degli Arabi, Clie diretro ad Annibale passaro L'alpestre rocce, Po, di che tu labi.
   Sott'esso giovanetti trionfaro Scipione e Pompeo, ed a quel colle, Sotto il qual tu nascesti, parve amaro.
   Poi, presso al tempo che tutto il Ciel volle Ridur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per voler di Roma il tolle :
   E quel che fe'da Varo infino al Reno, Isara vide ed Era, e vide Senna, Ed ogni valle onde Rodano č pieno.
   Quel che fe' poi ch'egli usci di Ravenna, E saltņ Rubicon, fu di tal volo Che noi seguiteria lingua nč penna.
   In ver la Spagna rivolse lo stuolo; Poi ver Durazzo; e Farsaglia percosse Si, ch'ai Nil caldo si senti del duolo.
   Antandro e Simoenta, onde si mosse, Rivide, e lą dov'Ettore si cuba, E mal per Tolommeo poi si riscosse:
   Da indi scese folgorando a Juba; Poi si rivolse nel vostro occidente, Dove sentia la Pompeiana tuba.
   Di quel che fe' col baiulo seguente, Bruto con Cassio nello inferno latra, E Modena e Perugia fu dolente.
   Piangene ancor la trista Cleopatra, Che, fuggendogli innanzi, dal colubro La morte prese subitana ed atra.
   Con costui corse infino al lito rubro; Con costui pose il mondo in tanta pace, Che fu serrato a Giano il suo delubro.
   Ma ciņ che il segno che parlar mi face Fatto avea prima, e poi era fatturo Per lo regno mortai, eh'a lui soggiace,
   Diventa in apparenza poco e scuro, Se in mano al terzo Cesare si mira Con occhio chiaro e con affetto puro;
   Che la viva giustizia che mi spira Gli concedette, in mano a quel ch'io dico, Gloria di far vendetta alla sua ira.
   Or qui t'ammira in ciņ ch'io ti replico: Poscia con Tito a far vendetta corse Della vendetta del peccato antico.
   E quando il dente longobardo morse La santa Chiesa, sotto alle sue ali Carlo Magno, vincendo, la soccorse.
   Da ciņ prende occasione il poeta a porre sulle labbra di Giustiniano una delle solite allusioni politiche ai tempi suoi:
   Facciali gli Ghibellin, faccian lor arte Sott'altro segno; chč mal segue quello Sempre chi la giustizia e lui diparte.