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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   402 capitolo quattordicesimo.
   Poscia, per indi ond'era pria venuta, L'aquila vidi scender giù nell'arca Del carro, e lasciar lei di sè pennuta.
   E qual esce di cor che si rammarca, Tal voce usci del cielo, e cotal disse: 0 navicella mia, com'mal se' carca!
   Poi parve a me che la terra s'aprisse Tr'ambo le rote, e vidi uscirne un drago, Che per lo carro su la coda fìsse:
   E come vespa che ritragge l'ago, A sè traendo la coda maligna, Trasse del fondo, e gissen vago vago.
   Quel che rimase, come di gramigna Vivace terra, della piuma offerta, Forse con intenzion casta e benigna,
   Si ricoperse, e funne ricoperta E l'una e l'altra rota e il temo, in tanto Che più tiene un sospir la bocca aperta.
   Trasformato cosi il difìcio santo Mise fuor teste per le parti sue, Tre sopra il temo, ed una in ciascun canto.
   Le prime erari cornute come bue; Ma le quattro un sol corno avean per fronte: Simile mostro visto ancor non fue.
   Sicura, quasi rocca in alto monte, Seder sovr'esso una puttana sciolta M'apparve con le ciglia intorno pronte.
   E, come perchè non gli fosse tolta. Vidi di costa a lei dritto un gigante, E baciavansi insieme alcuna volta:
   Ma, perchè l'occhio cupido e vagante A me rivolse, quel feroce drudo La flagellò dal capo insin le piante.
   Poi, di sospetto pieno e d'ira crudo, Disciolse il mostro e trassel per la selva Tanto, che sol di lei mi fece scudo
   Alla puttana ed alla nuova belva.
   Beatrice, rattristata a quella vista (Canto trentesimoterzo), riprende la via, ed accenna a Dante, a Matelda e a Stazio di seguirla. Quindi oscuramente annunzia al poeta un prossimo vendicatore della Chiesa profanata, e un restauratore dell'Impero:
   .....Da tema e da vergogna
   Voglio che tu ornai ti disviluppe,
   Si che non parli più com'uom che sogna.
   Sappi che il vaso che il serpente ruppe, Fu, e non è; ma chi n'ha colpa, creda Che vendetta di Dio non teme suppe.
   Non sarà tutto tempo senza reda L'aquila che lasciò le penne al carro, Perchè divenne mostro e poscia preda:
   Ch'io veggio certamente, e però il narro, A darne tempo, già stelle propinque, Sicure d'ogni intoppo e d'ogni sbarro;
   Nel quale un- cinquecento diece e cinque, Messo di Dio, anciderà la fuia E quel gigante che con lei delinque.