la divina Commedia.
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Dante gli chiede ancora:
Come se' tu quassù venuto? ancora Io ti credea trovar laggiù di sotto, Dove tempo per tempo si ristora.
E Forese gli risponde che è salito dall'Antipurgatorio al Purgatorio cosi presto aeree le preghiere e le lagrime della Nella sua. E di qui prende occasione ad una iera invettiva contro le donne fiorentine:
Tant'è a Dio più cara e più diletta La vedovella mia che tanto amai, Quanto in bene operar è più soletta;
Chè la Barbagia di Sardigna assai Nelle femmine sue è più pudica, Che la Barbagia dov'io la lasciai.
0 dolce frate, che vuoi tu ch'io dica? Tempo futuro m'è già nel cospetto, Cui non sarà quest'ora molto antica,
Nel qual sarà in pergamo interdetto Alle sfacciate donne fiorentine L'andar mostrando con le poppe il petto.
Quai Barbare fur mai, quai Saracine, Cui bisognasse, per farle ir coperte, 0 spiritali o altre discipline?
Ma se le svergognate fosser certe Di quel che il Ciel veloce loro ammanna Già per urlare avrian le bocche aperte.
Chè, se l'antiveder qui non m'inganna, Prima fien triste, che le guancie impeli Colui che mo si consola con nanna.
Andando insieme seguitano a parlare Dante e Forese (Canto ventiquattresimo). Questi addita tra le anime dei golosi Buonagiunta Urbiciani da Lucca, il papa Martino IT, che
......purga per digiuno
L'anguille di Bolsena e la vernaccia;
Ubaidmo degli Ubaldini dalla Pila, Bonifazio dei Fieschi arcivescovo di Ravenna, messer Marchese de' Rigogliosi.
Ma, come fa chi guarda, e poi fa prezza Più d'un che d'altro, fé' io a quel da Lucca, Che più parea di me aver contezza.
Ei mormorava, e non so che Gentucca Sentiva io là ov'ei sentia la piaga Della giustizia che si li pilucca.
0 anima, diss'io, che par si vaga Di parlar meco, fa si ch'io t'intenda, E te e me col tuo parlare appaga.
Femmina è nata, e non porta ancor benda, Cominciò ei, che ti farà piacere La mia città, come ch'uom la riprenda.
Tu te n'andrai con questo antivedere; Se nel mio mormorar prendesti errore, Dichiareranti ancor le cose vere.