t,a divina commedia. 383
Soleva Roma, che il buon mondo feo, Due Soli aver, che l'una e l'altra strada Facean vedere, e del mondo e di Deo.
L'un l'altro ha spento; ed è giunta la spada Col pastorale, e l'uno e l'altro insieme Per viva forza mal convien che vada;
Perocché, giunti, l'un l'altro non teme. Se non mi credi, pon mente alla spiga, Ch'ogni erba si conosce per lo seme.
In sul paese ch'Adige e Po riga Solea valore e cortesia trovarsi, Prima che Federico avesse briga:
Or può sicuramente indi passarsi Per qualunque lasciasse, per vergogna, Di ragionar co'buoni, o d'appressarsi.
Ben v'èn tre vecchi ancora, in cui rampogna L'antica età la nuova, e par lor tardo Che Dio a miglior vita li ripogna :
Corrado da Palazzo, e il buon Gherardo, E Guido da Castel, che me'si noma Francescamente il semplice Lombardo.
Dì oggi mai che la Chiesa di Roma, Per confondere in sè duo reggimenti Cade nel fango, e sé brutta e la soma.
Usciti i poeti dal denso fumo (Canto diciassettesimo), Dante ha delle nuove visioni pi ira punita: quella di Progne ; quella di Amanno ministro di Assuero re di Persia, che fu fatto da lui crocifìggere :
Poi piovve dentro all'alta fantasia Un crocifisso dispettoso e fiero Nella sua vista, e cotal si moria.
Quella di Lavinia, che diceva alla madre, piangendo :
...........o regina
Perchè per ira hai voluto esser nulla1?
Ancisa t'hai per non perder Lavina, Or m'hai perduta......
Ecco frattanto un altro angiolo, e una voce che disse :
...... . qui si monta;
e che
.....fece la mia voglia tanto pronta
Di riguardar chi era che parlava, Che mai non posa, se non si raffronta.
Ma come al Sol, che nostra vista grava, E per soverchio sua figura vela, Così la mia virtù quivi mancava.
Questi è divino spirito, che ne la Via d' andar su ne drizza senza prego, E col suo lume sè medesmo cela.
1 poeti voiguno i loro passi ad una scala,