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capitolo quarto.
contrade di Firenze, dove Folgore da San Gimignano passeggia alla bella libera, ridendo sul muso agli accigliati poeti della vecchia scuola, che si scandalizzano di lui, quanto se ne sono scandalizzati sei secoli dopo il Monti e il Perticari. Tutto il mondo feudale è sparito; in quei versi c'è già invece il popolo del Comune, (he cresce rigoglioso, che sente la vita, che scherza, che ama, che folleggia; in quei versi l'attualità di questa vita c'è tutta.
Si è trovata una nuova forma dell'arte; Ciacco dell'Anguillara è già lontano dal convenzionalismo occitanico, ma pure gli rimane ancora qualche tìnta che ce lo può ricordare; in Folgore più nulla; con lui ci sentiamo davvero e pienamente originali. Si era parlato tanto d'amore, si erano mandati tanti sospiri alle donne valenti e fini, si era fatta colla testa tanta poesia sentimentale, che finalmente qualcheduno doveva prorompere in una solenne risata; e la risata uscì dal popolo ch'ebbe fama del più arguto d'Italia. Chi sa quant'era che già si rideva dei pallidi trovatori, che se ne rideva dico ne' crocchi cittadini; chi sa quanti epigrammi eran corsi di bocca in bocca per le vie di Siena e Firenze, dove il popolo grasso avea ben altri pensieri che quelli dei niagrissimi verseggiatori di moda. Ci fu chi intese quel riso, chi raccolse l'epigramma (1); ci fu chi sentì che si poteva rappresentare in poesia quella vita cittadinesca. I)a quel giorno 1' arte ebbe un genere nuovo. Il quale, come trovava terreno propizio a metter radice, attecchì, e andò diramandosi rigogliosissimo. Ci fu anzi, fin dal principio, un po'di esagerazione; si rise per il solo gusto di ridere; si ebbe la parodia di Folgore, da Cene dalla Chitarra:
Io vi dono nel mese di gennaio
Corti con fumo al modo montanese; Letta quali ha nel mare il Genovese, Ed acqua e vento che non cali maio.
Poi vi daran fanciulle a colmo staio Da ber aceto forte calabrese, E stare come ribaldo in arnese Con panni corti senz'alcun danaio.
Ancor \i do cosiiTatto soggiorno
Con una veglia nera vizza e ranca, Che a voi gettando la lieve d'attorno,
Appresso voi sedere in una banca;
E resmirando quel suo viso adorno, Così riposi la brigata stanca.
Eccovi in pieno dugento qualche cosa che fa pensare al Burchiello; traviazione. forse, dell'arte, che si trova fino dai suoi principii. Ma se traviarono alcuni, altri perfezionarono. Pucciarello da Firenze (2) tenta la satira, quasi lontano precursore di un poeta de'tempi odierni:
Un consiglio ti do di passa passa:
Volta il mantello a quel vento che vene, E dove che non puoi, molto fai bene Se lo tuo capo flettendo s'abbassa.
(1) E l'epigramma è rimasto se non c'inganniamo nel Gemignanese,in quella quartina
Ambianti, palafren, destrier di Spagna, E gente costumata alla francesca, Cantar, danzare alla provenzalesca, Con istrumenti nuovi d'Alemagna.
(2) Poeti del primo sec., II, 218.