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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   letteratura dialettale isella bassa italia.
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   •1 u gran calma possibile , appunto perchè sappiamo quanta passione altri vi porti. ( letterati siciliani fanno di ciò quasi una questione di onore nazionale: e chiunque non ripeta le fanciullaggini che non senza mala fede, scriveva il Perticari, è per essi un nemico, invidioso delle glorie della loro isola. E pure sarebbe tempo oramai die, dimenticandoci tutti di essere o siciliani o lombardi o toscani, non ricordandoci che d'essere italiani, almeno nelle questioni letterarie ci mettessimo d'accordo, esaminando freddamente i fatti , e traendo da essi le conseguenze che la logica impone.
   E quali sono questi fatti1? Ci perdoni il lettore se noi non entriamo qui nel decrepito argomento della lingua che in qualibet redolet civitate nec cubai in ulla. Sarebbe cosa troppo arcadica. Le dottrine moderne impediscono di credere a siffatta fenice. Noi sappiamo oramai che una lingua ha la sua esistenza naturale nei dialetti; e che una lingua scritta nasce dal linguaggio del popolo, sia col trasportare immediatamente alla scrittura un dialetto particolare più o meno appurato ed ingentilito; sia conciliando gli estremi dei varii dialetti e fondendoli in una lingua comune (1). Che i siciliani del mille dugento tentassero questa conciliazione tra i varii dialetti, non è nessuno, ueppur siciliano, che lo dica. Essi, a detta del Perticari, avrebbero adoperata una lingua illustre, che si sarebbero fabbricata non si sa come, e che (più mirabile a dirsi) avrebbero fabbricata esattamente uguale ad an dialetto parlato nel bel mezzo d'Italia (2). Tale assurdo non merita, in verità, che nessuno perda ormai il tempo a confutarlo. Seguitino pure i siciliani, se ciò può far loro piacere, a compiacersi nell'idea di aver data la lingua all'Italia, e chiamino in loro testimonianza quanti vogliono degli scrittori antichi e moderni. Noi sappiamo che ciò è falso, ed i fatti parlano chiaro.
   Che lingua si adoperava in Sicilia nel secolo XIII? È notissima la scrittura di Frate Atanasio da Jaci, del 1287: ,< La vinuta di lu re Japicu a la gitati di Catania, fu a lu primu di Maju di l'anno 1287 all'Ave Maria : trasiu per la porta di Jaci, e fu incuntratu da tutti li gitatini cu'alligrizza; ma chiui di tutti vinia multu malen-conicu pirchi havia vidutu multi galeri franzisi vicinu di Catania, e si cridia chi nixianu di lu portu di Catania » etc. (3). Verso lo stesso tempo scrivevasi Lu Ribella-mentu di Sicilia: «A li milli dui centu sessantanovi anni di la incarnationi di nostro Signuri Jesu Cristu, lu Re Carlo havia prisa una grandi guerra cu lu Imperaturi Plagalcgu di Rumania; e per quilla guerra lu dittu Re Carlu fici fari multi navi
   grossi e galeri.....E stando misser Gioanni di Procida ili Sicilia, si pinsau in che
   modu putissi sturbari l'andata, la quali havia fatta lu Re Carlu contra lu Plagalogu, e comu putissi fari distrudiri e moriri lu Re Carlo e ribellari Sicilia, et aucidiri tutta sua genti, etc. (4).
   1(1) Cf. Heyse, Sist. dèlta Scienza delle lingue.
   (2) Ci si permetta di riportare queste parole di uno storico siciliano: « Le circostanze si connessero in modo che il dialetto de'popoli, fra'quali prima i Normanni, e poscia Federigo tennero splendidissima corte, ricevesse una forma, la quale potendo convenire i'i oerto modo alla intera massa, fu abbracciata da tutta la nazione italiana, ma si fermò ed ottenne pieno sviluppo presso un popolo — il Toscano — nello idioma del quale la ingenita disposizione era maggiore.» Ed altri scrive: «Pare che la lingua nobile uscita di Sicilia, dopo la caduta degli Svevi si fosse in que'secoli XIII e XIV riparata in Toscana. » — Non facciamo commenti, bastandoci di riferire a quali asserzioni conduca il voler sostenere un paradosso. E potremmo di siffatte citazioni empire molte pagine!
   (3) Vedi Cronache Siciliane dei secoli XIII, XIV, XV, pub. per cura del Prof. V. Di Giovanni; pag. 166. Questa scrittura fu pubblicata anche dal Biondelli (Studii linguistici, pag, 156), come saggio del Romanzo Siculo.
   (4) Di Giovanni, op. cit., pag. 115.