letteratura dialettale isella bassa italia. 137
retta l'una , che consistè n eli' abituare le orecchie ai nuovi suoni volgari, nel far sentire che l'arte poteva giovarsi dell'idioma rimasto fino allora agli usi della plebe, che poteva nobilitarlo e farlo servire ad espressione di sentimenti gentili. Diretta l'altra, che fornì i pensieri, gli argomenti e diede in parte il modello de' metri alla nuova poesia italiana. La prima di queste influenze si esercitò specialmente sulla poesia popolare; la seconda su quella scuola poetica, che, sempre in forma dialettale. andò formandosi e sviluppandosi alla corte di Federigo II. E di essa appunto dobbiamo ora discorrere.
§ 2.
poesia di corte.
Davanti a Federigo II noi ci inchiniamo riverenti. Nato di due forti razze, sangue di soldato e cervello di pensatore, egli guarda in faccia, senza paura, il tiranno delie ai ime che inferocisce da Roma contro tanta baldanza; e legge, sorridendo di disprezzo, le scomuniche del terribile Gregorio, consolandosene colle danze voluttuosa delle sue belle moresche (1). Alla Bibbia del prete egli minaccia di contrapporre la Bibbia del laico, quasi precursore di Lutero ed erede del grande Giuliano. Nè l misticismo del medio evo, nè le sottigliezze della scolastica, nè i garbugli dei teologi fanno presa su codesto uomo (2), che vive di amore e di guerra, di poesia e di scienza, mezzo orientale e mezzo romano, fatalista e stoico. Alla onnipotenza del papato egli oppone l'onnipotenza sua propria, egli che si sente forte delle sue armi, della sua operosità, del suo genio; forte della sua miscredenza istessa, contro la quale vanno ad infràngersi le furibonde ire sacerdotali. Singolari qualità si mescolano e quasi ribollono in lui: il riso beffardo del razionalista (3) col forte pensiero del filosofo e dell'uomo di stato; il furore tedesco coli'araba sensualità; l'amore italiano dell'arte coli'ispirazione provenzale della poesia. Egli di mezzo all'ignorante superstizione del medio evo, pone la prima pietra al grande edilizio dei-avvenire, svincolando la scienza dalle mani che volevano tenerla incatenata e soffocata. Fa tradurre le opere di Aristotile, mentre intende a migliorare e raccogliere le proprie leggi (4); protegge gli uomini di scienza e di lettere; fa tradurre Tolomeo; proclama la libertà dei culti; emancipa i servi; apre delle grandi biblio-eclie; fonda 1' università di Napoli; protegge la scuola di Salerno, insomma personi-ca in sè tutte le idee allora appena nascenti, e che saranno poi la gloria e la forza delle età successive (5).
Quale poteva essere l'influenza di codesto uomo sulla letteratura italiana? Ci sembra chiarissima. Egli doveva amare per più ragioni la nuova lingua volgare, o dic;amo meglio, i dialetti che suonavano intorno a lui, nella sua bella Palermo, 'oveva amarli per quell'amore istesso che portava alla Sicilia, a lui tanto diletta (6); amarli perchè rappresentavano il lato nuovo della società, l'elemento laico i fronte all'elemento clericale. La lingua latina era la lingua dei nemici di Federigo, i quali ostinati sempre nella loro pretesa immobilità, osteggiavano le nuove
ó) Cf. Kingtun, Eist. of Fred. I, pag. 471.
(2) Cf. Raumer, Geschichte d. Eohenstaufen, III.
([31 Raumer, op. cit., 111.
(4) Cf. Raumer, op. cit., IV. — Huillard-Bréolles, Eist. Diplom. — Jourdain, Mém. sur les traductions Intines d'Aristote.
(5.) Cf. Drapor, Eist. du Développ. Ititeli, de l'Europe, II, 345 segg.
(6) Cf. Raumer, op. cit.
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